GIUSEPPE RIGHINI, “Houdini” (Ribéss Records, 2015)

CD_template_prova_1Giuseppe Righini è un cantautore riminese classe ’73, ora di stanza a Berlino, arrivato con “Houdini” al terzo album di brani inediti. A differenza dei suoi predecessori “Spettri Sospetti” (2008) e “In Apnea” (2011) questo disco è assai più elettronico, per lunghi tratti scuro, ma senza perdere di vista melodie ficcanti: come facevano del resto i punti di riferimento del Nostro, da Morrissey ai Depeche Mode, passando per i Matia Bazar e certa avanguardia tedesca anni ’70. Ne risulta un lavoro intellettuale in orbita radical chic, di certo appassionato e con diversi picchi di qualità.

Registrazione e produzione dell’album, presso lo studio “La Stanza 107”, sono opera di Fulvio Mennella; due ballate particolarmente riuscite, “Amsterdam” e “Non Siete Soli”, vedono la collaborazione dei Miscellanea Beat, cioè Massimo Marches alla chitarra e voce e Gionata Costa al violoncello. Le tracce da ricordare a dire il vero sono molte: dal primo singolo “Magdalene”, in piena tradizione indie italiana e con un grazioso jingle-jangle nel chorus, al groove elettro-apocalittico in stile Bluvertigo di “Bye Bye Baba”, che sintetizza nel suo testo immaginifico tutta la poetica di Righini (“Le Canzoni Dei Briganti Dicono La Verità / L’Eco Dei Bombardamenti Accarezza La Città / Siamo Stati Prigionieri Dello Stesso Esercito / Ora Siamo Disertori Sul Sentiero Dell’Addio”). Qualità nelle metriche ben evidente pure nella title track, la più berlinese del lotto, ma in generale l’album vive di citazioni colte, un pò di non-sense, e soprattutto un gioco escapologico di illusioni, simboli, porte, liberazioni. “Licantropia” è vero ermetismo noir e sottintende musica dagli sviluppi a volte imprevedibili: Righini riesce il più delle volte a disegnare un paesaggio di sabbia e cemento dalle seducenti cicatrici, in un viaggio di elettrica salsedine tra Rimini e Berlino. E L’elettronica sparsa nel disco irrobustisce una sorta di protocantautorato cosmopolita e d’assalto, in equilibrio fra saggezza e leggerezza, impegno e disimpegno, ballo (pochino) e apocalisse (molta). Forse il giochino non meraviglia solo in “Tic Toc Bar” troppo ammiccante ai Subsonica e nella fumosa “Nonsense Dance”, ma è discutibilissima opinione di chi scrive.

Alexa Invrea, visual artist metà tedesca e metà ligure, cura l’artwork con il supporto tecnico e creativo di Johanna Invrea, grafica e designer dalla spiccata sensibilità digitale. Il lavoro di Alexa e le manipolazioni di Johanna si sposano felicemente tra loro generando un personalissimo e riconoscibile canone che interpreta con grande sensibilità il cosmo delle cose di Giuseppe Righini. Un motivo in più per valutare positivamente “Houdini”.

71/100

(Matteo Maioli)