20 anni di “Parklife”

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Il 25 aprile 1994 usciva “Parklife” dei Blur. Nell’anniversario della Liberazione c’è dunque un altro motivo per festeggiare, ricordando un album che ha segnato un’epoca. Tre scribacchini kalporziani ci spiegano il perché.

Vent’anni e non sentirli: “Parklife”, uscito nell’Aprile 1994, ha cambiato le carte in tavola della musica britannica. All’apparenza un innocuo album pop come tanti, in realtà un disco solidissimo composto da una manciata di potenziali – effettive alla realtà dei fatti – hit radiofoniche e al contempo da canzoni dal gusto raffinato e ricercato. Niente che abbia a che fare con certe linee melodiche un po’ vacue, fini a se stesse di certi gruppi anni ottanta, i Blur guardano altrove e precisamente ai grandi autori pop britannici. “Parklife” è il ponte ideale tra la madchester pop (che fa eco nel singolo “Girl & Boys”), cultura mod ( nella title track con Phil Daniels, la star di “Quadrophenia”) e la musica pop colta in grado di fondere assieme ritornelli orecchiabili e arrangiamenti curati (di archi e fiati in “Tracy Jacks”, “Badhead”, “The debt collector”). Se vi siete fermati a “Girls & Boys”, avete perso molto. E’ il caso di recuperare.

(Monica Mazzoli)

Nel 1994 se un ragazzo della provincia italiana (su un’isola in mezzo al nulla) voleva stare al passo con le novità musicali doveva sudare: internet non esisteva però ci salvavano la radio e soprattutto Videomusic ed MTV versione straniera. Vedere il video di “Girls and boys” dopo un anno di scena di Seattle, era piuttosto spiazzante, ma allo stesso tempo quel sound e quelle melodie intrigavano. “Parklife” ha iniziato ad aprire un mondo che non si identificava solo nella scena brit pop dell’epoca, ma nelle tante band inglesi da cui i Blur avevano preso ispirazione nella loro prima parte di carriera. Il 1994 è l’anno in cui, fresco 16enne, ho scoperto l’indie pop.

(Francesco Melis)

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“Parklife” spalanca le porte del “mainstream” ad un’intero movimento musicale, riproponendo in Gran Bretagna i fasti degli anni sessanta partiti dal Beat e sfociati poi nei Mods. La colonna sonora perfetta per il britannico medio, esortato al riscatto sociale (“Jubilee”) più che a quello personale, con il dovere di non prendersi troppo sul serio (“Girls and Boys”). La fusione di stilemi musicali è un’altra grande forza dell’album facendone un grande esempio di pop trasversale: “Trouble In The Message Centre” collide nella new-wave e “The Debt Collector” nel dance hall; “Badhead” infine richiama i R.E.M. “Parklife” è una pietra miliare del pop, come “Definitely Maybe” lo è del rock, bisogna ammetterlo. Dopo, si può solo fare altro per sopravvivere.

(Matteo Maioli)

24 aprile 2014