A$AP ROCKY, “Long.Live.A$AP” (Polo Grounds / RCA, 2013)

In pochi avrebbero avrebbero immaginato in testa alle classifiche americane il rapper con le treccine del video di Lana Del Rey. Sì, proprio quel “National Anthem” di un politicamente scorretto da supermercato come tutto ciò che ha offerto Lana dopo il promettente esordio. Il video annoiava più della canzone, Rakim Mayers indossava i panni di un Kennedy nero molto chic, ma oltreoceano era già noto, altrimenti non sarebbe mai arrivato tra le braccia della Del Rey di cui si sarebbe perdutamente innamorato. Noto perché il suo mixtape “Live.Love.ASAP” di un anno prima era diventato un vero e proprio caso discografico. Un paio di featuring di livello con Schoolboy Q e Fat Tony, la produzione magistrale di Clams Casino e due hit fulminanti come “Peso” e “Purple Swag”. Tutto ciò gli è valso, molto più che la Del Rey, un contratto plurimilionario con la RCA. E quindi infine l’esordio in studio, due anni dopo, “Long. Live. ASAP”.

La lunga attesa è stata in parte spezzata dalla clamorosa “Goldie”, sinistra e incessante, della primavera 2012 e poi dal successo globale di “Fu**in Problems” in cui ha accolto due astri nascenti e ormai nati (Kendrick Lamar e Drake) e una vecchia volpe che fa sempre comodo come 2 Chainz. Brano di facile presa, schietto da scuola vecchia come 2 Chainz, appunto. Ma i milioni non sono serviti a questo. C’è il fedele amico californiano Schoolboy Q che l’ha portato in giro in lungo e in largo nella tetra “PMW (All I Really Need)” dove Rocky butta lì un’autocitazione dalla loro più celebre collaborazione “Hands On The Wheel”.
I milioni in “Long.Live.A$AP” si diceva, sono serviti eccome. E ad arruolare due guest star di altre sponde musicali. C’è Skrillex nella pacchiana brostep “Wild For The Night” che farà esplodere l’entusiasmo e il testosterone di milioni di kid sotto md di ogni dove. Unica vera caduta di tono. Molto meglio quando sbuca fuori Santi White, al secolo Santigold, nella claustrofobica “Hell”. La voce della White sembra riecheggiare sinuosa dall’Ade, e suona un po’ come l’eco dannato di uno spettro di M.I.A. sotto anfetamine . La base ovattata è marchiata da Clams Casino, come solo in un altro brano (“Lvl” con i suoi inconfondibili ricami trip-hop a bassa fedeltà).

Il ventiquattrenne di Harlem si trova a suo agio in una varietà di atmosfere, ma nei momenti più cupi e stranianti offre i momenti migliori (dall’opening track a “Pain”). Dai testi non ci si deve aspettare granché, swag, misoginia non così latente, avventure dal variopinto mondo della droga newyorkese, ma la lingua di Rocky è scioltissima. Quando poi nella folgorante e folgorata “1Train” l la cricca si espande tirando in mezzo Kendrick Lamar e altri nomi clou l’effetto è anestetizzante. L’appena maggiorenne concittadino – ma di Brooklyn – Joey Bada$$ sputa ingenuamente fiele, poi altri nomi clou come Danny Brown, Action Bronson e Big K.R.I.T. fanno il resto. Il 2013 ha già uno dei potenziali brani dell’anno, dopo soli quindici giorni. Altre chicche da segnalare, “Fashion Killa” in cui le basi minimali e gelide di Hit Boy lasciano il posto a un’imprevedibile e fresca trama electro-pop messa in piedi dalla troika Friendzone, Hector Delgado e LORD FLACKO che hanno lavorato anche allo sbilenco retrogusto electro-funky di “Suddenly” in chiusura d’album.
Viene da Harlem, ma è lo specchio della gentrification del quartiere. Nel suo microcosmo Rocky abbaia sempre meno volentieri, alterna passaggi sulla vita da strada a scorci glamour pregni delle fighe ben vestite che popolano i suoi sogni da nero di Harlem che ce l’ha fatta e da designer amici di Lana Del Rey.

Le nuove icone dell’immaginario pop americano sono anche queste. Persino New York e il suo ecosistema hip hop pare troppo riduttivo e circoscritto per le ambizioni di ampio respiro di A$AP Rocky. Tali ambizioni si riflettono nella varietà di basi, registri e collaboratori di cui si avvale che alla prova del “vero” esordio non hanno deluso. Anzi…

83/100

(Piero Merola)

1 Febbraio 2013

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