JAH WOBBLE & KEITH LEVENE, “Yin & Yang” (Cherry Red Records, 2012)

Anno 2012, succede dunque che tornano i PIL di Lydon e torna pure la strana coppia Wobble-Levene, addirittura azzardando un abbraccio taoista a richiamare appunto quei princìpi e quei concetti di interazione opposizione equilibrio e complementarietà in una intuizione che è figlia delle buone sensazioni riscontrate nel tour dello scorso anno.

L’impressione, in entrambi i casi e per diversi motivi, è che manchi forse il famoso soldo-per-fare-una-lira.
E già; troppo esigenti, noi, che vorremmo vederli sempre insieme, quei tre, tutti dalla stessa parte a remare nella giusta direzione come ai bei tempi di “First Edition” e del “Metal Box”.
Venendo a questo “Yin & Yang”, quindi, ci troviamo di fronte a un lavoro che probabilmente non brilla per coesione e che certo vive di alti e bassi nonostante riesca quantomeno a convogliare la sensazione di un’ onesta jam essenziale e spontanea, ruvida al punto giusto e senza tanti fronzoli.

In realtà l’omonimo incipit fa quasi temere il peggio riuscendo ad annacquare poche idee con discreta leziosità, dopodiché ci si muove fra episodi dove il basso wobbleiano prende a girare in buona pompa ( prendi “Strut” col suo loop assassino) ed altri dove il redivivo Levene si fa largo ritrovando il graffio di un tempo (fra i riverberi di “Within You Without You” – che è un pezzo di George Harrison – così come fra le minacciose declamazioni cockney di “Jags & Stuffs”).

In mezzo le tentazioni davisiane della jazzata “Fluid” (con la tromba di Sean Corby), un fugace divertissement r’n’b (il cazzeggio country-blues di una “Mississippi” tutta autostrade, country breeze e sniffate di benzina) e qualche episodio più innocuo e prevedibile (vedi “Back on the Block” o la fin troppo gradevole “Understand” che riprende vigore solo un attimo più tardi nel trattamento dub).

Ci sono tutti gli ingredienti della casa, c’è un tocco di psichedelia uk sixties, un pizzico di Americana, la jam impro-jazz e la poesia teppista e misticheggiante; tutto quello che ci era stato promesso.
Infinito rispetto per John e Keith.
E chissenefrega se il risultato, a dirla tutta, è quel che è.

64/100

(Antonio Giovinazzo)

20 dicembre 2012

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