CMJ Music Marathon 2012, New York, 13-15 ottobre (parte 1)

A New York si fa fatica di norma a star dietro alla miriade di eventi della scena più variegata d’America e oltre. Ci si mette, come se ciò non bastasse, la CMJ Music Marathon con 1300 performance in una settimana, in 80 venue di Manhattan e Brooklyn a complicare la vita.

Si comincia sabato, con un’anteprima messa in piedi da Todd Patrick, promotore dei concerti più underground di Brooklyn e talent-scout di band poi diventate d’esportazione (Mount Eerie, Dirty Projectors, Japanther, DIIV).

A New York si fa fatica di norma a star dietro alla miriade di eventi della scena più variegata d’America e oltre. Ci si mette, come se ciò non bastasse, la CMJ Music Marathon con 1300 performance in 5 giorni, in 80 venue di Manhattan e Brooklyn a complicare la vita.
Si comincia sabato, con un’anteprima messa in piedi da Todd Patrick, promotore dei concerti più underground di Brooklyn e talent-scout di band poi diventate d’esportazione (Mount Eerie, Dirty Projectors, Japanther, DIIV). La location è d’annata (o dannata). Un compound industriale che per nome, cosa non rara, ha il suo indirizzo, Lombardy 171. Nella strada più desolata della zona industriale di Greenpoint (a nord di Williamsburg, altrettanto di tendenza), il Lombardy sorge su uno svincolo autostradale e dal suo terrazzo svettano i classici cartelloni pubblicitari con ossatura in legno e all’orizzonte la skyline di Manhttan. Chiude oggi i battenti con uno speciale Eviction Party (sfratto) alla vigilia della maratona.

Una foto di Michael Stipe nell’evento Facebook, passaparola e il party è cosa fatta. I nomi sono pressoché ignoti agli europei (nessuna raggiunge I duemila like su facebook), e alla casa si guadagna una free-drink per avere un passaporto non-americano. L’attesa pare essere tutta per la reunion dei Le Rug (link), collettivo post-punk formato da Ray Weiss, ex-The Medics che offrono a tardissima notte uno show incendiario e nostalgico nel primo piano dello stabile. L’inizio è stato pericolosamente shoegaze con la caciara garage dei Surfing (link), quartetto della Virginia, e quella più sognante di Lazyeyes (link) e Butter (link), filiazione dei Le Rug. Tutto molto familiare, I musicisti si alternano sul palco arrivando a Lombardy 171 con gli strumenti a tracolla. DIY, batteria collettiva e amplificatori usurati. Mentre le birre simbolo di Brooklyn, marchio Brooklyn Brewery scorrono interminabili con il prezzo speciale di 3 dollari. La platea si riscalda, insomma. E ci pensa il trio power-pop dei promettenti Cool Serbia, da Austin, a movimentare la situazione in discontinuità con gli avvolgenti muri di suoni d’apertura.

Sale il ritmo, con la band di culto dell’underground di Brooklyn, i Chappo a mettere a dura prova la struttura apparentemente non così a norma del compound. Di recente al debutto sulla lunga distanza, Alex Chappo e soci sono un meltin pot americano, in due vengono da Seattle e in due dal profondo sud (ancora Austin e Baton Rouge). La loro duttilità nello svariare tra visioni a bassa fedeltà figlie dei Settanta quanto del decennio successivo, non può che richiamare Ariel Pink.

Perfetto apripista per i Jangula (link) – nome non felicissimo – che danno un ulteriore svolta in chiave new-wave. Impossibile non muovere il culo.

I Team Spirit riportano la serata sui binari su un rock senza fronzoli, vagamente Black Lips, “Fuck the Beach” e “Jesus, He’s Alright!” due titoli del nuovo EP presentato oggi che non possono che lasciare il segno.
Superate le sbornie del weekend, la settimana riparte qualche miglio più a sud, nel cuore nero di Brooklyn, a Bushwick, zona di tendenza poco qualche isolato più a sud dall’epicentro hipster dell’intersezione tra Bedford e Metropolitan Avenue. Informazioni nuovamente col contagocce, quelle su uno dei primi party d’anteprima ufficiali. 921 Broadway, la broadway di Brooklyn che taglia il borough ai piedi della decadente struttura della sopraelevata. Dal Delinquency Blvd., spostato all’XPO 921, un altro spazio di recente riadeguamento. E’ comune a Brooklyn la pratica di aprire dei dive in ex-magazzini e depositi dismessi, come se non ce ne fossero mai abbastanza.

Luci e atmosfere cupe nel locale che ha un vago respiro decadente. Isolato black, ma all’XPO 921 l’unico nero – come spesso accade in queste aree di Brooklyn – è il rigidissimo buttafuori. L’ambiente si confà benissimo alle sonorità proposte per l’evento gratuito. Gli Alan Watts propongono un elettronica spigolosa e rumorosa, molto industriale, ma con un gusto contemporaneo.

Gli spettri dei Black Dice o di certi Gang Gang Dance iniziano ad aleggiare in sala, e si materializzano del tutto con i folgoranti Yvette. Il duo inserisce del math-rock in questo gusto tribale, tipico delle etichette più oscure e originali di certi nomi clou newyorkesi di mezzo . Il frontman si contorce e un po’ pare ispirarsi ad Angus dei Liars. Il duo sembra una versione indiavolata dei These New Puritans, con i Black Dice sempre lì, come ispirazione primaria.

I Mr. Dream guardano ancora più indietro, agli Shellac, e pestano duro. I volumi si alzano e coprono il frastuono dei treni della metro che passano sopra al club.
La pioggia rende l’atmosfera fuori dall’XPO vagamente cinematografica tra impalcature arrugginite e strade ai limiti del sudicio.

Il pubblico appare già meno nutrito tra o varo ritardi accumulati quando gli Sleepies chiudono la giornata. Il trio di Brooklyn fa fondamentalmente del punk, sulle orme dei The Men. Spinge, il suono è un po’ sporco e impreciso, ma le ritmiche incessanti accompagnano verso il termine questo lunedì di antipasto del CMJ.

(Piero Merola)

17 Ottobre 2012

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