LEE RANALDO, “Between The Times And The Tides” (Matador, 2012)

Thurston e Kim si lasciano. Lee Ranaldo mette altre spine sulla nostra sedia dichiarandosi molto dubbioso sul futuro dei Sonic Youth. Una mezza tragedia. L’ultimo lavoro solista di Moore, in parte, ci ha aiutato spingendoci verso una possibile e dolce elaborazione del lutto. Intanto Ranaldo esce fuori con un nuovo disco solista: “Between The Times And The Tides”. Un disco dove si articola la dimensione più pop dei Sonic Youth. E sì perché nella ricetta del gruppo l’aspetto pop ha sempre giocato un ruolo fondamentale: melodie facili e immediate, suggestioni leggere e contaminazioni realmente popolari. Ranaldo compila una collezione di brani di Rock malinconico e spettinato, colorato da lievi bruciature psichedeliche e tonalità blues, illuminandoci su certe dinamiche storiche dei gruppo ancora non completamente codificate (Moore songwriter, Ranaldo disturbatore sonico).

Aprendo questo disco-armadio ci troviamo di fronte a un guardaroba semplice e allo stesso tempo elegante, nella sua naturalezza, sicuramente confacente alla personalità e alla voce di Ranaldo. Non sono vestiti da vecchio impettito, né da vecchio che vuole fare il ragazzino, insomma. Nulla di troppo eccentrico, nessuna concessione alle mode più o meno ufficiali (niente di troppo hypster, quindi): il chitarrista compone e suona canzoni dirette e allo stesso modo dignitose, per certi versi infantili, ma sempre compiute. Probabilmente la mia simpatia per la voce di Ranaldo (“Mote” è uno dei miei pezzi preferiti di sempre) mi spinge a interpretare anche i momenti più sciatti con particolare benevolenza. Ma anche la sciatteria, se autentica, ha una sua eleganza. Come le camicie di flanella. Sicuramente il tutto è più ordinato e più pacificato del previsto. Il rumore è assente. Ma non c’è che dire, le canzoni sono simpatiche, alcune deliziose. Suonate con stile e passione.

Alla batteria c’è uno Shelley in gran forma, quadrato come non mai; Jim O’Rourke compare al basso ricamando armonie con la solita maestria. C’è Nels Cline dei Wilco a mettere notine carine al posto giusto e John Agnello produce cercando brillantezza e conservando le sbavature. Ranaldo non aggredisce la chitarra, ma ogni tanto lascia partire un feedback, gioca sul ponte o allunga un accordo percussivo e tutto diventa più familiare. Grazioso l’attacco di “Tomorrow Never Comes”, bella la melodia di “Angles”. “Off The Wall” è un brano di ridente Collage Rock, melodico e dolce. “Waiting On A Dream” e “Fire Island” sono pezzi più sporchi e ricchi di emotività rock. C’è qualche canzone di troppo, forse. Soprattutto le ballate (“Stranded” e “Hammer Blows”). Ma va bene così. Un 100% del mio amore, e un 60% della mia approvazione critica. Quindi il mio voto è 80. Mmm un po’ troppo. Facciamo 75 e al diavolo la media aritmetica.

75/100

(Giuseppe Franza)

16 marzo 2012

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