GOOSE, “Synrise” (!K7, 2010)

Sono un quartetto belga, suonano con campionamenti e strumenti e mescolano rock ed elettronica. No, non si tratta dei Soulwax, ma dei meno noti Goose che quattro anni fa salirono alla ribalta con il disco di debutto “Bring it on”. Con quell’album, un ottimo esempio di electro-rock ben calibrato ed orecchiabile, i quattro musicisti si fecero notare da critica e pubblico e vennero inseriti quasi automaticamente in quel filone electro che di lì a poco avrebbe visto tra i protagonisti Justice e Digitalism. Esce ora per la !K7 il nuovo lavoro dei Goose, “Synrise”, sicuramente molto atteso dopo l’exploit del suo predecessore. Ma le incognite sono tante. Prima di tutto ci sono i quattro anni di distanza tra questo e il primo lavoro della band. E quattro anni posso essere tanti se si considera la velocità a cui viaggia spesso ultimamente il mercato discografico. Non ci troviamo davanti a un disco fotocopia di “Bring it on” e questo sarebbe anche positivo ed apprezzabile sotto molti punti di vista. Ma “Synrise” lascia parecchio perplessi anche dopo vari ascolti. In primo luogo quello che lascia delusi è la perdita d’impatto che in passato era uno dei punti di forza, tanto che i pezzi dell’album d’esordio avevano la stessa irruenza di quando venivano suonati dal vivo. I Goose hanno preferito concentrarsi su atmosfere quasi retrò che richiamano un certo synth pop anni ’80 dai toni epici, con richiami a Giorgio Moroder e Philip Glass. Tra i solchi di “Synrise” la band belga ha voluto applicare a strutture pop frammenti di rave, electro e altro cercando di arrivare a un risultato più ballabile possibile. In realtà come già detto quello che si sente lascia interdetti, tanto che finiti i dieci pezzi che compongono il disco rimane ben poco nelle orecchie, scorre tutto abbastanza piatto e senza momenti particolarmente memorabili. Anche se in effetti proprio l’apertura, affidata alla title track con Peaches come ospite, lascia ben sperare, con un crescendo finale parecchio trascinante. Purtroppo però la perdita volontaria degli elementi rock per cercare un nuovo sound portano i Goose a un lavoro quantomeno incompiuto. Sperando che dal vivo si sentano ancora i vecchi Goose di qualche anno fa. Per gli amanti delle curiosità da segnalare l’artwork del disco, curato interamente da Storm Thorgerson, lo stesso di “Dark side of the moon” dei Pink Floyd.

(Francesco Melis)

Collegamenti su Kalporz:
Soulwax – Nite Versions
Soulwax– Intervista (10-10-2005)
Soulwax– Concerto al Rolling Stone (Milano)

01 novembre 2010

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