SQUAREPUSHER, Just A Souvenir (Warp / Self , 2008)

Tom Jenkinson è oggi un veterano della pattuglia Warp. Dal visionario “Feed Me Weird Things”, partorito nel 1996 per la Rephlex, si è trovato imbrigliato nel proprio paradigma, inanellando, in preda alla smania della sperimentazione, un’uscita dietro l’altra. Prova dopo prova, quello legato alla sua figura, si è trasformato in un culto dogmatico, costantemente in attesa dell’album risolutivo. Questo lo ha portato a spingersi sempre oltre, a volte rintracciando discrete soluzioni, altre perdendosi in leziosi quanto irritanti eccessi di quell’avanguardismo che, in origine, aveva preso la forma di una interpretazione alternativa della drum’n’bass.

Adesso il suo cliché, tolte alcune forzate escursioni fuori dai confini di quando in quando, si è ormai solidificato e viene puntualmente riproposto nell’ultimo “Just A Souvenir”. Con questo album abbiamo una conferma della stabilizzazione stilistica riscontrata nel precedente “Hello Everything” (Warp, 2006) e, senza alti né eccessivi bassi, possiamo dire che Tom Jenkinson aka Squarepusher si mantiene lì, all’interno della propria area di competenza, evitando di sconvolgerci con chissà quale novità. Ci troviamo quindi alle prese con i soliti acidi virtuosismi che hanno plasmato un suono capace di attraversare negli anni le confuse quanto avveniristiche (allora) terre del drill’n’bass con tempi spezzati ed evoluzioni elettroniche abbinate a strani esperimenti acustici.

Serviti i pezzi dal sapore più classico (“Star Time 2”, “A Real Woman”, “Planet Gear”), affiorano episodi più rilassati (“Aqueduct”, “Open Society”, “Fluxgate”) e rassicuranti composizioni jazzate (“Duotone Moonbeam”). Sfoghi in cui si fondono attitudine rock ed elettronica secondo una formula molto (anzi troppo) mainstream (“Delta V”, “Tensor In Green”), quadretti che profumano di indietronica (“Quadrature”) e quegli stessi arpeggi delicati (“Yes Sequitur”) che ci stupirono ai tempi di “Ultravisitor” (Warp, 2004).
Adesso a Squarepusher possiamo accostare tutte queste cose insieme. Il suo standard, nell’essere sempre stato cosi vario ed oscillante, sembra essersi in qualche modo stabilizzato laddove sembrerebbe sopita la volontà di ricercare soluzioni in un avanguardismo esasperato a tutti i costi.
La sintesi è che “Just A Souvenir”, seguendo la strada tracciata da “Hello Everything”, mantiene più che dignitosamente a galla il personaggio con immancabili sbavature, spunti equilibrati e soluzioni spesso molto piacevoli.

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