TAPES ‘N TAPES, The Loon (XL / Self, 2006)

Cos’è un “loon”? In italiano lo chiameremmo “strolaga”: è un uccello che predilige le zone umide, assomiglia a un papero senza esserci imparentato e sta simpatico a un sacco di gente, visto che in Canada lo mettono sulle monete da un dollaro e in Minnesota l’hanno eletto simbolo dello stato. “Loon” però è anche un fanfarone, uno che non si capisce se ci è o ci fa, e i “Looney Tunes”, come è noto, sono i cartoni animati dove gente looney cade nei burroni e si fa saltare in aria nel vano tentativo di acchiappare conigli o volatili decisamente looney.

C’era bisogno di questa pedante introduzione? Fatto sta che i Tapes ‘n Tapes, che hanno chiamato il loro esordio sulla lunga distanza “The Loon”, sono quattro giovanotti che vengono da Minneapolis, la capitale dello stato delle strolaghe, e sì, sono dei fanfaroni, sono dei debosciati. Musicalmente parlando, per lo meno, ma non è rimprovero, anzi: la loro looneyness è costruita ad arte, frutto dello studio degli ultimi vent’anni di indie rock americano, di pazzoidi e fanfaroni professionisti come Pixies e Pavement. Questo si traduce in una matrice sonora decisamente riconoscibile, ma ancora prima in un atteggiamento stralunato, da gente che non si prende sul serio. Potrebbe essere la solita posa da aspiranti antieroi della galassia alternativa, ma è anche una delle loro armi migliori, perché questo “The Loon” colpisce a tradimento: parte rarefatto, quasi svogliato, e quando meno te l’aspetti si compatta, diventa scuro, grosso e potente, quasi roccioso.

I Tapes ‘n Tapes sono infatti degli alunni diligenti, ma non gli fa difetto la personalità, grazie a cui sanno mescolare i mattoncini del loro suono con disinvoltura invidiabile. Così, dopo l’apertura ruffianamente lo-fi di “Just Drums” e le improbabili suggestioni sudamericane di “The Iliad”, colpiscono duro con gli acidi suoni tex-mex di “The Insistor”, che sembra quasi una outtake di “Surfer Rosa”, e uno strumentale pesante e quadrato come “Crazy Heights”. Il meglio probabilmente lo danno quando riescono a passare dai suoni rarefatti ai muri sonori nel corso dello stesso brano, come accade ad esempio nella splendida “Houston”, che su un’eterea intro di vibrafono innesta un tessuto nervoso e sempre sul punto di esplodere, oppure in “10 Gallon Ascots”, che scorre indolente su campanelle da slitta di Babbo Natale per trasformarsi all’improvviso in una macchina da guerra spaventosa. I Tapes restano sempre convincenti anche quando si abbandonano al loro lato più malinconico e sommesso (la dolce “Manitoba”) oppure quando viceversa decidono di affrontare finalmente l’ascoltatore a pugni alzati (il massiccio finale di “Jakov’s Suite”, indolenza ed energia dispensate con incosciente sapienza).

Insomma, gli alunni sono bravi e non si applicano, come insegnano i loro (cattivi) maestri: i Tapes ‘n Tapes fanno musica con la supponente incoscienza che si addice allo stereotipo indie, ma questo “The Loon” tradisce una padronanza dei propri mezzi tutt’altro che looney. Lunga vita alla Strolaga quindi, e urrà per un esordio col botto (ovviamente proveniente da una cassa di esplosivi ACME).

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