SONIC YOUTH, Rather Ripped (Geffen, 2006)

Quale sia stato il destino dei dinosauri, estinti da una pioggia di meteoriti o dal surriscaldamento dell’atmosfera terrestre, è materia sulla quale si è sempre dibattuto. A New York, in questo 2006 assolato come non mai, si sono estinti i Sonic Youth: certo, c’è sempre da aspettarsi il salvifico colpo di coda, ma a giudicare dalla vena artistica del quartetto (com’è cosa nota, Jim O’Rourke non è più dei loro) che ha portato negli ultimi tempi prima “Sonic Nurse” e poi questo “Rather Ripped”, il rischio che questa rimanga pura utopia è sempre più forte.

Ma sarebbe anche un gravissimo errore dire “i Sonic Youth si sono estinti” e basta, senza aggiungere nulla; stiamo pur sempre parlando di una delle massime band della storia della musica da venticinque anni a questa parte. Sarebbe il caso di ricordarselo, infatti, anche per cercar di capire cosa agita le menti e le plettrate di Moore e compagnia ultimamente. “Rather Ripped” è un album melodioso e sorridente, in ogni sua posa – e sono una dozzina -, ballonzolante e pacioso. In poche parole, e nonostante qualche cattiveria di chitarra sparpagliata qua e là, un album pop. Non è certo la prima volta che la band mette da parte feedback, distorsioni e cacofonie per innestare nel corpo della sua musica l’armonia: era già successo in parte in “Dirty” e in “Murray Street” (anche in “Sister”, a dirla tutta, e in “Washing Machine”, ma lì il discorso era diverso, e non sarebbe il caso di mescolare le cose), ma mai come stavolta l’impressione è quella di una totale perdita di tempo.

E sì che l’album parte bene: “Reena” è una canzone dall’innato gusto melodico, orecchiabile all’ennesima potenza ma con un crescendo spiroidale che fa decisamente ben sperare per la riuscita dell’intero lavoro. Speranza davvero mal riposta, visto che il resto è un’accozzaglia di gentilezze prive di intelligenza e di senso. È come se Moore, Gordon, Ranaldo e Shelley dopo aver interpretato per venti anni la parte dei giovanotti del Downtown, ribelli, furiosi, violenti, caotici come il mondo che li sovrasta e li fagocita, si siano trasformati di colpo in quattro ragazzini della borghesia ricca, quella delle casette a schiera, del giardino perfetto, degli scheletri sepolti nell’armadio. I quattro non hanno più l’aspetto del gruppo di rottura, possono al massimo sembrare dei nerds dalla smodata voglia di integrarsi con il resto della popolazione. Ed è questo che fa più male, perché non ha più davvero senso prendersi in giro: i Sonic Youth si stanno avvicinando alla fine dei loro giorni, e non ne sembrano neanche troppo consapevoli. Si adagiano in queste pose rilassate, ma il mondo che descrivono non ha più alcuna aderenza con il reale; perlomeno in “Sonic Nurse” (che continuo comunque a considerare il punto più basso della loro discografia, perché rispetto a “Rather Ripped” gli pesa addosso una puzza di muffa insostenibile) sembravano essere presenti gli ectoplasmi di un furore intellettuale, che qui invece si trasforma in una bella addormentata nel bosco pure un po’ in là con gli anni.

“Turquoise Boy”, “Do You Believe in Rapture?”, “Rats”, “Neutral” sono i titoli che bisogna scriversi, non perché si debba salvarli, ma perché altrimenti non se li ricorderebbe mai nessuno, tanto sono privi di alcun valore. Musichette per neofiti del rock e del pop, non molto di più. Eppure questi titoli bisogna ricordarseli, tatuarseli nella mente, iscriverli a fuoco nella memoria. Non si può correre il rischio di dimenticarsi e basta gli ultimi Sonic Youth, sarebbe comodo ma poco produttivo. C’è invece la necessità, forte, di interrogarsi sui perché che hanno determinato una scelta sonora di questo tipo: voglia di accaparrarsi più pubblico? Naaa, impossibile. Incapacità a far di meglio? Anche questo è difficile crederlo, considerato che come ho già accennato, “Reena” non è certo un brano da buttar via in toto.
E allora? E allora probabilmente la gioventù sonica che spaccò il mondo è invecchiata, e non ha più molta voglia di contorcersi in pose che forse non gli appartengono più.

Triste? Sicuro, perché va a intaccare il mito degli eroi giovani e belli, ma quantomeno onesto. Perché sull’onestà dei Sonic Youth sono pronto a mettere la mano sul fuoco in ogni occasione. È una consolazione ben misera, lo so, ma lasciatemi almeno questa.
I dinosauri in via di estinzione a New York City (che i “Ghosts and Flowers” ipotizzati nel 1998 fossero loro stessi?) difficilmente saranno sostituiti con un’evoluzione della specie. Lasciamoli quantomeno riposare in pace.

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