LALLI & PIETRO SALIZZONI, èlia (il manifesto, 2006)

Da qualche anno un capellone riccioluto si aggirava sui palchi a fianco della figurina gracile e ossuta di Lalli, cantautrice torinese conosciuta purtroppo più per la militanza nei Franti che per la propria produzione solista. Pietro Salizzoni aveva già scritto le canzoni a 4 mani con lei nel precedente “All’improvviso nella mia stanza”, suonato le chitarre e prodotto il tutto, ma l’album era soltanto a nome “Lalli”. Sulla (magnifica) copertina di questo nuovo “èlia” (altra novità: la prima a non essere in bianco e nero) compare invece la dicitura “Lalli&Pietro Salizzoni”.

Ci si aspetta qualche cambiamento, e non si rimane delusi. “èlia” è il più accessibile fra gli album della cantautrice, il più colorato, il più vivace, è quello che più di tutti ha al suo interno canzoni singolarmente memorabili (“Cosa mi aspetto da te”, “La canzone di Adele”, ma soprattutto “Li riconosco a stento”, una delle più belle canzoni d’autore italiane in senso stretto degli ultimi anni), anche per i testi (anche per quanto riguarda le canzoni non autografe: “I gatti lo sapranno”, adattata da Pavese e “Una lettera per me”, tratta da “C’est tout” di Marguerite Duras), arrangiamenti più elaborati danno più risalto ad archi e fiati rispetto al passato, la voce è meno sola e viene spesso raddoppiata da un controcanto. Forse ne risente leggermente lo spessore complessivo, soprattutto se comparato ai due precedenti lavori.

Quello che non cambierà mai, a quanto pare, è la scarsa attenzione del pubblico e della critica intorno al mondo e alla musica di Lalli. Quanto ci vorrà ancora prima che le si riconosca lo status di cantautrice di rilevanza nazionale? Ci sarà anche un po’ di campanilismo in quello che dico, ma la sensazione, che la si veda suonare in un cantina di fronte a 10 persone o in un auditorium di fronte a 200, è che meriti di più, o semplicemente che meriti molto e basta.

Lei è sempre modesta, timida fino all’eccesso, e non penso si preoccupi oltre misura di questi problemi. Perché in un modo o nell’altro gode sempre di quello che fa, perché l’onestà paga perlomeno a livello di soddisfazione personale, perché ha scelto di continuare a cercarsi, a scoprirsi. Scusaci, Lalli, sappiamo che è poco. Ma per ora non possiamo che dirti semplicemente grazie.

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