OJM, Under The Thunder (Go Down Records / Audioglobe, 2006)

Play. Qualche secondo di silenzio, chitarre eteree a vagare in un cielo poco rassicurante, e poi, la botta. Proprio come quando sali sulle montagne russe: l’ascesa lenta, lentissima, e un precipitare vorticoso dove non c’è un attimo di tregua. “Under the thunder”, il terzo disco degli OJM, inizia proprio così, e a produrlo c’è Michael Davis dei leggendari MC5, nientemeno: una garanzia, ma non è solo il produttore a fare di queste undici canzoni qualcosa di travolgente.

Un album che grida con forza che una delle migliori band al mondo del panorama stoner non viene da qualche città sperduta nel deserto americano, ma da Treviso: altri hanno cantato molto bene il deserto (emotivo e sociale) di quella zona d’Italia, ma gli OJM attaccano semplicemente gli amplificatori e storidiscono mente e corpo con una violenza incredibile e visionaria. I titoli delle canzoni funzionano come una mappa: “Sixties”, “Stoned love”, “M.C.I” (o MC5?) e “Brant B” (omaggio a mr. Kyuss, con cui gli OJM hanno realizzato uno split la scorsa primavera) sono più che espliciti nel parlare di stoner, di psichedelia violenta, di garage punk senza compromessi. E l’unione di questi ingredienti funziona alla perfezione: l’intro country di “I’m not an american” sbeffeggia la propria patria d’elezione, ma le radici USA sono ben evidenti nei momenti più semplici, come “Lonelyness” o “Give me your money”; il meglio è altrove, con la batteria che attacca furiosa e riesce comunque a crescere in “Stoned love”, o con la chitarra che riesce a ricamare finezze nel frastuono (“Dirty nights”), o con l’avvolgersi lento e minaccioso del basso nella conclusiva “Brant B”.

Apice assoluto, nove minuti e trentun secondi di “Starshine”, cuore psichedelico del disco, violenta e visionaria come le pagine migliori degli inglesi Heads; i primi due minuti infuocati, i restanti sette fatti di estasi rumorosa: come una cometa e la sua coda. È vero che lo stoner nasce con i Kyuss e lì smette di crescere, ma dischi come questo “Under the thunder” sono assolutamente imprescindibili per gli amanti del genere, e per chi crede a un rock che sia ancora sangue e immaginazione.

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