THE MARS VOLTA, Scabdates (Universal, 2005)

Ci sono diversi motivi per cui questo “Scabdates”, più che essere “il live”, potrebbe essere considerato come “il nuovo album” dei Mars Volta. Probabilmente stiamo parlando di uno dei gruppi più unici e allo stesso tempo più classici che possano esistere al momento. Da un lato la tradizione dei primi Led Zeppelin e dei secondi Pink Floyd (quelli di “Ummagumma”, per intenderci) non si fa negare. Ma non è tanto una questione di suoni. E’ una questione di concetto. La jam libera. L’intermezzo psichedelico. Il live come esperienza totale a chilometri di distanza dalla greve riproposizione fedelissima del disco da promuovere. Dall’altro lato l’unione di tante influenze riesce a creare un qualcosa che può suonare solo e soltanto come Mars Volta.

Date le premesse, “Scabdates” promette tanto. E mantiene tanto. Ma non come si potrebbe intuire. “Abrasions Mount The Timpani” si apre con un pianto infantile seguito da un collage di rumori fra backstage e soundcheck. E lo stesso accadrà nell’ultima traccia. Ennesima dimostrazione, accanto alla divisione in movimenti di alcuni pezzi, di un’attitudine concept che si avvicina, forse più che mai, al prog. Nasce così una nuova creatura. Fra improvvisazioni di varia natura riconosciamo soltanto tre brani “canonici”: “Take The Veil Cerpin Taxt”, “Cicatriz” (entrambe dall’esordio sulla lunga distanza) e “Concertina” (dall’ep Tremulant). Impeccabili. Se non fosse per la traccia finale che riprende uno dei temi di “Cassandra Gemini” ci chiederemmo che fine ha fatto “Frances The Mute”. Ma tutto ciò non importa. Abituati (male) come siamo al live come mera promozione dell’uscita discografica precedente (se non soltanto dei grandi hit), ci sembra quasi sconvolgente leggere un tracklist per la maggior parte ignota. Ed è ancora più sconvolgente scoprire che si tratta fondamentalmente di jam sessions. Dall’eterea “Caviglia” alla caotica “Haruspex” fino ai nastri trattati della conclusiva “Pt IV” c’è abilità tecnica, dispersione mentale e un gran senso di disinibizione.

Quindi… un disco perfetto? No. Chi vi scrive ha vissuto l’esperienza memorabile di un concerto dei Mars Volta e l’impatto risulta decisamente differente. Sarà l’inevitabile lacuna della presenza scenica del talentuoso Cedric Bixler. Sarà l’atmosfera trascendente che ho respirato. Sarà il suono fin troppo regolato nel mixaggio di alcuni punti. Sarà che si parla di un concerto che andrebbe vissuto più che solamente ascoltato. Rimane che “Scabdates” lascia un sentore di incompiutezza. Di impatto devastante purtroppo latente. Di potenziale parzialmente sfruttato. Di emozioni sospese. Data l’attitudine di cui sopra, ascoltiamo soltanto uno stralcio, una minima parte di quello che avremmo potuto. E’ senza ombra di dubbio un’importante testimonianza che cerca di contenere entro dei limiti il principio alla base dell’idea chiamata Mars Volta. Ma proprio questo, allo stesso tempo, non è altro che una contraddizione. Il fatto è che potremmo avere uno “Scabdates” diverso per ogni data del tour. E forse solo così sarebbe una dimostrazione davvero fedele delle loro capacità. Oppure potremmo non accontentarci degli assaggi. E andare tutti quanti, tutti insieme, a vederli di persona. Preparo i bagagli.

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