Intervista a Riccardo Tesio (Marlene Kuntz)

Nel backstage del concerto alla Tenda Estragon del 9 settembre 2005 (recensione) i Marlene sono squisiti. Dei veri signori. Non era stata organizzata nessuna intervista, questo è da dire per dare merito a Riccardo di averci voluto ospitare e offrire una birra ugualmente, solo perché glielo avevamo chiesto beccandoli al ristorante prima del concerto. Cristiano ci voleva conoscere, me e Matteo Marconi. Questo non è modesto da raccontare, ma lasciate che ce la tiriamo per un attimo. “Il lavoro sui testi che avete fatto su Kalporz è una cosa che abbiamo apprezzato grandemente. E’ così che vanno ascoltati i Marlene”. Si discuteva di rock e letteratura, Matteo li descriveva come i Montale del rocke chiedeva i riferimenti sottesi ai testi. “No”, gli spiega Cristiano, “‘Deriva Finita’ non è ispirata a “La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge, però me l’avevano già chiesto un paio di persone”. Con Riccardo andiamo a ruota libera.

C’è ancora quell’idea dell’album in inglese? 
“Alti e bassi, certe volte sì e altre volte no”.

Ma c’erano già delle traduzioni, vero?
“Sì, avevamo fatto delle prove da far sentire e non è uscito molto, quindi per adesso il progetto è abbandonato”.

Io ho scritto che siete al massimo della maturità artistica. Cosa mi dici a proposito del concetto di “maturità artistica”?
“E’ un’immagine che può essere positiva o negativa, è complessa. La parola “maturità” non mi piace tantissimo perché dopo la maturità c’è marcescenza. A parte le battute, “maturità” vuol dire che con gli anni, con l’attività, si stratifica l’esperienza. Però l’esperienza che si stratifica non è mai in una direzione. Ci possono essere delle esperienze anche contraddittorie tra di loro. Ci sono delle contraddizioni nella vita, non è tutto lineare. In un certo senso quando uno è immaturo riesce anche ad essere più spontaneo e irruento, perché è tutto più chiaro. Poi, come dicevo, diventa tutto più complesso. A volte si matura bene, certe volte no”.

Stasera è stata la prima volta che il basso di Maroccolo era presente e metallico come è il classico “Maroccolo sound”, mentre le altre volte era molto più “morbido”. Lo tenevate volutamente un po’ a freno?
“Non credo, penso che avendo stasera uno strumento in meno c’era più spazio per tutti. Forse il fonico quando c’era Ellis gli ammorbidiva un po’ il suono. Ma non è una scelta fatta a tavolino”.

Concerti gratis e a pagamento: quando sono a pagamento e perciò avete il vostro pubblico rendete di più. E’ vero?
“Beh, chiaramente in un concerto gratis ti possono capitare molti più curiosi, mentre quando sei davanti al tuo pubblico si è più motivati”.

Tempo fa a Modena avevi detto che ascoltavi musica allegata ad una rivista canadese sperimentale… La ascolti ancora?
“La cosa era stata casuale. Ero in un negozio di dischi di Roma, ho visto questa rivista – “Musicworks” – e me la sono comprata, poi mi sono abbonato. I dischi allegati in realtà non sono molto belli, però sono sicuramente stimolanti. Sono invece particolarmente interessanti gli articoli – per un musicista perlomeno – perché nelle riviste musicali normali si parla di cose abbastanza banali, del tipo “Questo disco l’abbiamo fatto qui, l’abbiamo fatto là”. In quella rivista si parla di musica, esperimenti, strumenti strani”.

Come fate ad “incrociare” così bene le chitarre tu e Cristiano? Lavorate separatamente o tu fai da completamento a quello fa Cristiano o cosa?
“Non c’è una regola fissa, dipende da come nascono i pezzi. A volte lui parte con un riff e io completo, oppure viceversa, io con un riff e lui si aggancia. A volte improvvisiamo. Non c’è un metodo prestabilito”.

Che tipo di chitarre ti piace usare?
“Io sono partito con le Gibson perché ho iniziato a suonare su un’imitazione di una Gibson. Le Gibson sono poi diventate proibitive come prezzo, ma ho provato anche le Fender per avere un suono più definito soprattutto sulle alte frequenze. Invece come amplificatori sono affezionato ai Mesa Boogie”.

Considero personalmente “E Poi Il Buio” una delle vostre canzoni più belle. Mi dici qualcosa? Com’è nata?
“A volte capitano i pezzi che sono un parto complesso, e questa lo è stato. E’ nata in un modo, poi è stata modificata fino a essere rivoluzionata in studio”.

Rivoluzionata? La strofa magari era cantata…
“No, per quel che mi ricordo la strofa è sempre stata parlata”.

Un’ultima curiosità: c’è chi ha l’impressione che dobbiate fare un altro album a breve…
“A breve ci lavoreremo, ma non credo che uscirà fra poco. Anche perché vogliamo fare l’album più bello del 2006”.