TRANS-GLOBAL UNDERGROUND, Yes Boss Food Corner (Ark21/Universal, 2001)

Un collettivo inglese. Anzi, londinese. Se siete stati a Londra anche solo qualche giorno, in estate, ricorderete il miscuglio di etnie che sorregge. Etnie e culture. I negozietti e da qualche tempo gli uffici postali monopolizzati dai pakistani… Bene, se mettete insieme l’anima orientale di Londra, quella indiana e quella pakistana, vi sarete avvicinati ai Trans-Global Underground. Che trattano di integrazione, pace, armonia e punjabi con l’altra grande specialità della casa, la club culture.
Musica elettronica calza bene, ma house e drum’n’bass sfiorano appena lo stile unico dei nostri eroi. Che per questo “Yes Boss Food Corner” hanno parcheggiato fuori la ricerca creativa. Dopo almeno tre album da applauso, il primo rallentamento. Il mix di drum, reggae e hip hop, in questo lavoro si appiattisce sull’house. E’ sempre lui, ma diluito… Resta l’ispirazione. La splendida “Pomegranate” vale da sola l’album. “London Zulu” e “Secrets & Distant Dreams” ci parlano la lingua di un gruppo di artisti per lo meno singolare. Gli Orb, gli Aphex Twin, ci hanno insegnato il matrimonio di musica elettronica e sentore gotico. I Trans-Global Underground fanno tutt’altro. Vorrei cedere, e dire semplicemente dub. Ci starebbe, quando il reggae si muta in suono sintetico. Ma non basterebbe. Spirituale, ma non intimistico. Viscerale ma non ipnotico… Un modo nuovo di trattare la world music, e la dance, secondo alcuni. Il battito poi è quello lì. Solo che tastiere e macchinari si occupano di tamburi indiani e sitar, musica tibetana, turca, araba. L’effetto è grandioso, e faticoso. Se avete fretta, se vi stanno antipatiche le emozioni forti, “Yes Boss Food Corner” è per voi. Buona musica, senza troppi giri. Se invece avete voglia di esplorare vi attendono “Rejoice, Rejoice”, “Psychic Karaoke”, “Dream of 100 Nations”…

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