Laurie Anderson, Piazza della Pilotta (Parma) (18 luglio 2003)

“Songs and stories”: è questo il titolo dello spettacolo che Laurie Anderson mette in scena questa sera. Un concerto antologico, con poche concessioni alle sperimentazioni visuali delle sue ultime performance, dalle quali sembra distaccarsi volutamente: musicisti disposti a semicerchio, costantemente illuminati da tenui luci viola; Laurie Anderson ingabbiata da una selva di microfoni, tastiere, sequencer e l’immancabile violino, con le luci bianche a staccarla dall’anonimo fondale scuro.

Descritto così, sembrerebbe un normalissimo concerto pop, e anche l’iniziale “Strange angels” sembra confermarlo, ma questa è solo un’impressione fugace: è bene tenere a mente che niente può essere normale quando sul palco c’è questa bella signora per la quale sperimentare non è un vezzo ma una vocazione.

Spesso la voce rinuncia al cantato, per distendersi in un recitativo ipnotico, pieno di energia trattenuta a stento: nonostante le basi elettroniche non siano opprimenti, e le canzoni appaiano in una veste quasi dimessa, “Songs and stories” non è uno spettacolo semplice da seguire. Il pubblico apprezza, ma in maniera freddina, quasi fosse stato attratto nella splendida cornice della Pilotta più dall’evento in sé che non dalla proposta musicale dell’artista.

Non è un concerto pop, è bene ribadirlo: la teatralità è evidente in ogni singolo istante, sia nelle canzoni (soprattutto nella sarcastica “Beautiful red dress”), sia nei suoi racconti, che la Anderson legge in italiano, con una scioltezza e una capacità davvero sorprendente; se ci sono teatralità e sperimentazione, è però l’ironia a non mancare mai, ed è proprio questo che la distacca dalle schiere di seriosi avanguardisti e salvatori dell’arte.

Due ore passate ad osservare il geniale mondo di un’artista totale e della sua home made technology, che sa unire melodie pop a strumenti di surreale ingegno (gli occhiali che amplificano ogni rumore prodotto colpendo la testa, ad esempio), il contatto col pubblico alla teatralità più marcata: anche in questa veste più intima e minimale, Laurie Anderson dimostra di essere un nome imprescindibile nella musica e nell’arte contemporanea.