BOB DYLAN, Another Side Of Bob Dylan (Columbia, 1964)

Ad un anno di distanza dalla pubblicazione di “The Freewheelin’ Bob Dylan” esce questo lavoro, certamente transitorio, del menestrello del rock (lo dimostra il fatto che queste canzoni non vengono convenzionalmente ricordate tra i suoi classici fatte salve forse le più conosciute, “Chimes of freedom” e “It ain’t me babe”).

E’ un album importante specialmente per capire come da “Blowin’ in the wind” l’autore arrivi a “Like a rolling stone”. Innanzitutto, rispetto al Dylan lasciato in Freewheelin’ ne ritroviamo uno che parla più a livello intimo e personale. C’è poco che rimandi al profeta che annunciava la risposta nel vento ai “perché” della crudeltà umana e che condannava i signori della guerra.

Gli stilemi dei primi album del menestrello sono anche qui rispettati, ossia ballate semi-romantiche alternate da classici blues o veri e propri “talkin’ blues” ( come ad esempio in “I shall be free n° 10”). Il pezzo d’apertura , “All I really want to do” ,è uno dei brani più riusciti, che apporta alcune innovazioni, sia a livello tematico che stilistico; si pensi al falsetto esasperato (e volutamente forzato) con cui viene cantato il ritornello, oppure alla risata che irrompe nel cantare l’ultima strofa. L’orecchio dell’ascoltatore viene senza dubbio colpito dalla grandiosa abilità di Dylan di comporre i suoi testi che, al di là del significato in sé, accostano i vocaboli con rime, metriche ed assonanze pressochè perfette.

Il tema che percorre il disco è quello amoroso, ma amore inteso alla Dylan, cioè analizzando problemi e conseguenze che ne derivano, più che soffermandosi sull’argomento in maniera meramente (e banalmente) sentimentale. Così anche nella già citata “All I really want to do” si punta l’attenzione alla sottile differenza che intercorre tra l’amicizia e l’amore tra uomo e donna, ironizzando pure ampiamente sull’argomento.

La canzone d’amore classica, nel senso più universale del termine, è la ballata country di “To Ramona”, che pure non è che impressioni eccessivamente (né in negativo né in positivo). “Motorpsycho Nitemare” nel suo incedere blues è uno degli spunti che porteranno alla genesi di molti pezzi contenuti nel successivo album “Bringing it all back home”. Si tratta di racconti surreali, on the road di strani incontri ed avventure, dove mondo onirico e realtà diventano un tutt’uno.

Amore e malinconia, accompagnati dall’immancabile armonica a bocca, sono contenute in uno dei brani finali “My back pages” dove gli accordi chitarristici accompagnano molto bene l’incedere della canzone. “Ballad in plain D” è il classico pezzo malinconico (e solitamente abbastanza lungo), che narra di persone ed avvenimenti con le tipiche tinte a pastello di Dylan. Si chiude con “It ain’t me babe”, bella ballata in cui è ancora il lato personale dell’autore a fare capolino e dove si canta dell’autoconvincimento al distacco dalla ragazza.

“Another side” è un disco di passaggio che fa intuire molto di ciò che arriverà dopo, anche se è un lavoro più da capire che da ascoltare per puro diletto. E’ senz’altro un album minore rispetto alla mole di album storici sfornati alla metà degli anni ’60 ma la sua importanza sta nel sapervi ritrovare un autore sensibile, che ha sempre mille strade aperte e che riesce, pure in questo caso, a districarsi nella difficile prova di una produzione più intimista.

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