LO-FI SUCKS!, Temporary Burn-Out (Suiteside, 2002)

Quando si dice raggiungere la maturità. E’ questa la sensazione che trasmette “Temporary burn-out”, il quarto lavoro dei Lo-fi sucks!. Maturità intesa senza alcuna accezione negativa, ma come piena padronanza dei propri mezzi espressivi e del proprio talento. Nel caso dei Lo-fi sucks! questo si traduce da un lato nel ricercare soluzioni sonore personali e dall’altro nella scrittura di canzoni eccellenti.

Grazie anche all’aiuto di Fabio Magistrali di A Short Apnea in fase di produzione, il disco suona come una sintesi riuscita tra l’indie rock da cui il gruppo di Genova è partito e l’uso di campioni (in “Disappear”, ad esempio, dove vengono ripresi gli Yuppie Flu) ed elettronica in bassa fedeltà.

Emergono piccoli spaccati di dolcezza sospesa che si intitolano “67-73”, arricchita dal suono di un organo e dallo splendido violoncello suonato da Elena Diana dei Perturbrazione, e “Disappeared”, che stanno giusto a cavallo tra gli ultimi Yo La Tengo e i New Year. Altrove si trovano momenti più ombrosi, costruiti su arpeggi di chitarra insistiti e qualche rumore di fondo, vicini agli Arab Strap e a certi suoni di scuola post-rock, si vedano a proposito “Disappeared 2” e “But i feel fine thank you”. Oppure si incontrano episodi che stanno giusto in bilico tra le due atmosfere, lo splendido rischiararsi del ritornello di “All beautifull angels”, o il fascino di “Me and Nick Drake” (anche solo per quel titolo), essenziale prima della lunga coda rumorosa.

Né vanno dimenticate schegge melodiche incantevoli, “Drop-outs bus” innanzitutto e poi la dichiarazione di intenti “Declaration of indipendence pt. 2”, che ci riportano alle atmosfere care a Sebadoh e Pavement. Nomi che servono più come punti di riferimento che altro, perché sia chiaro che la musica che sta su “Temporary burn-out”, per il lavoro sui suoni, per come i brani arrivano diretti, per l’ispirazione che traspare in ogni traccia, è assolutamente personale. Lo dimostra alla perfezione la splendida “No place like home”, ballata piena di indolente magia, forse la canzone migliore di un disco eccellente.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *