SONDRE LERCHE, Faces Down (Virgin, 2002)

La fredda – almeno climaticamente – Norvegia ci ha sovente riservato piacevolissime sorprese negli ultimi anni. Da quella scena vichinga sono venuti in superficie gli straordinari estri multigenere dei Motorpsycho di Trondheim e le delicate atmosfere Simon & Garfunkel oriented dei più recenti Kings of Convenience di Bergen.

Proprio dalla splendida vecchia città anseatica giunge fino a noi, con discreto fragore, l’esordio di questo talento puro di diciannove anni, Sondre Lerche Vaular. A vederlo in foto, non gli si darebbe neanche quei pochi anni che ha, ma quando il cd comincia ad essere letto la sensazione muta istantaneamente: Sondre ha una voce molto bella, profonda e soprattutto matura, matura come la musica che propone, la quale sembra scaturire da un artista nei pressi del suo top. Non auguriamo di certo al teenager norvegese di avere raggiunto già il suo massimo, anche perchè egoisticamente ne saremmo i primi scontenti, viste le delicate prelibatezze che ci offre.

Stilisticamente “Faces down” si piazza in un territorio confinante con le ormai stracitate Bacharach atmospheres e certe umbratili ballate del grandioso Beck di “Mutations” (fra l’altro la voce di Sondre è tremendamente simile a quella del Grande Manipolatore Americano). Oltre a questi confini musicali più vicini, il cantante e compositore si ispira decisamente a tutta una vena trasversale pop, che potrebbe comprendere Steely Dan, Elvis Costello, Blur e High Llamas. Ed è proprio una parte di quest’ultimo gruppo che fa da balia al piccolo: Marcus Haldoway e l’incorreggibile Sean O’Hagan suonano in alcuni pezzi e danno il loro decisivo apporto in molti arrangiamenti, aggiungendo alle idee cristalline di Lerche quel pizzico di imprevidibilità tipica di certo pop-off britannico.

L’opening track dell’album, “Dead passengers”, è un eccezionale biglietto da visita, una canzone leggera come una piuma, una vera “Beckarach” che si inserisce sinuosa e vagamente inquietante nella nostra mente: il bridge che lega le due parti bossanova style è semplicemente strepitoso nel suo urgente crescendo emotivo. “You know so well” e “Sleep on needles” sopportano alla grande l’impatto di “Dead passengers”, confermando l’impressione di trovarsi di fronte ad un piccolo Beck europeo. “Suffused with love” è un altro dei picchi dell’album, una ballata celestiale che di tanto in tanto si fa stramba, in reminiscenza di alcune Ayers’ oddities. Se “Side two” ricorda un pò troppo l’Ave Maria di Schubert suonata dai Radiohead, “Modern nature” ci riporta all’allegria con un divertente duetto tra Sondre e l’avvenente voce di Lillian Samdal, un binomio che ci riporta alle piacevoli ingenuità Colour Field metà anni ’80. “Faces down” scorre nel lettore quasi senza l’aiuto dell’elettricità, le note sono talmente piacevoli e limpide che sembrano sgorgare da un’invisibile sorgente. Bevendo avidamente almeno altre due grandi composizioni, “On and off again” e “No one’s gonna come”, quest’ultima il classico pop perfetto a metà strada tra Steely Dan, Style Council e l’onnipresente Beck, ripensiamo all’età di Lerche e a ciò che potrà offrire nel futuro. A meno che non sia nato vecchio.

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