MAX GAZZE’, Ognuno fa quel che gli pare (Virgin, 2001)

Nell’agghiacciante panorama della musica italiana cosiddetta ufficiale, si aggirano figure bizzarre che riescono in modo inaspettato a dire qualcosa di interessante. E’ il caso di Max Gazzè che con i dischi pubblicati fino a questo “Ognuno fa quello che gli pare” ha dimostrato di avere talento e inventiva in abbondanza, conquistandosi un posto vicino a Rino Gaetano e al Battiato pop degli anni ottanta.

La conferma delle qualità del musicista romano arriva in questo suo quarto lavoro. Che è un disco complesso e articolato, in cui i testi si fanno più intricati e l’influenza dell’elettronica più marcata.
Più che nella stucchevole “Non era previsto”, primo singolo del disco che non lascia segni, le carte migliori Gazzè le gioca quando lascia la propria fantasia libera di inventare. E’ così nell’elettronica minimale di “Il dolce della vita” e in “Megabytes”, dove la ritmica spezzata sembra strappata ad un pezzo drum’n’bass.
Ma anche nell’inattesa “Il debole fra i due”, brano tradizionale che ricorda la Banda Bardot o i Modena City Ramblers cantato insieme a Paola Turci, o nella rabbiosa “Il motore degli eventi” l’altro duetto del disco, questa volta al fianco di Carmen Consoli, l’unico episodio in cui spunta l’aggressività rock.
Un’inventiva che non conosce pause, come accade quando affiora lo spirito più giocoso del musicista romano, canzoni pop come “Eclissi di periferia” e “Non è più come prima”, piene di melodie, immagini surreali e ironia.

Tuttavia i momenti più riusciti si rivelano quelli più intimi e sofferti, come la toccante “Niente di nuovo”, l’amarezza di “In questo anno di non amore”, costruita soltanto al piano e la splendida “Questo forte silenzio”, prima eterea e soffusa, poi ritmata e trascinante. Brani che appaiono già piccoli classici.

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