THE CURE, Wish (Fiction Records, 1992)

Cronologicamente sono passati solo tre anni da “Disintegration”, ma musicalmente siamo a secoli di distanza. Nel 1991 è stato pubblicato “Nevermind” dei Nirvana, e da allora il mondo del rock è stato stravolto: si parla di un nuovo suono, quello di Seattle (che sarebbe proposto, oltre ai Nirvana, da Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden), di un nuovo genere (il Grunge), di una generazione che preferisce alle pantomime e all’appariscenza del pop anni ’80 (Queen, Duran Duran, Spandau Ballet) il nichilismo e l’anarchia del noise e dell’underground (Sonic Youth, Husker Du, Pixies e Jane’s Addiction).

In tutto questo un gruppo come i Cure sembrerebbe tagliato fuori da qualsiasi discorso commerciale. Robert Smith non si scompone più di tanto, consapevole della difficoltà di far rientrare la sua creatura in un qualsiasi cliché musicale, e decide di continuare per la sua strada. Chi è portato ad aspettarsi un’inclinazione della band verso la novità rimane presto deluso: “Open”, brano di apertura di “Wish”, è un tipico brano/Cure, così come “High”, dalla perfetta cadenza pop. Robert Smith sposta nuovamente l’ago della bilancia verso territori pop, ma al contrario di “Kiss Me Kiss Me Kiss Me” la sua ispirazione è ai massimi livelli e sia nei brani più pop (“Wendy Time”), sia in quelli più cupi e riflessivi (“Apart”), si respira un’aria pura e lieve. In alcuni brani si nota un nuovo interesse verso la chitarra distorta, come in “From the Edge of the Deep Green Sea”. Uno dopo l’altro si susseguono i brani, con una fluidità e una dolcezza raramente riscontrabili in un’opera musicale: la splendida ballata “Doing the Unstuck”, l’eccezionale e oramai storica “Friday I’m in Love”, la dolce e pacificante “Trust”, l’emozionante “A Letter to Elise”.

Prima di terminare l’album (così come da principio si assisteva ad un “Open” alla fine emblematicamente si assiste ad un “End”), Robert Smith svela candidamente di “To Wish Impossible Things”, ed è bello vedere un uomo più volte sull’orlo del tracollo (durante “Faith” e “Disintegration”) capace ogni volta di riemergere dalle proprie ceneri e di ricomporsi e capace ogni volta di regalare emozioni così profonde, così uniche. Si, veramente uniche…

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