KINGS OF CONVENIENCE, Quiet Is The New Loud (Source, 2001)

Certi artisti hanno la straordinaria capacità di colpirti al primo ascolto. I Kings Of Convenience rientrano in questa stretta cerchia. Due ragazzi provenienti da Bergen, Norvegia, che hanno scritto dodici splendide canzoni, affidandole giusto alle loro voci, alle loro chitarre, a qualche nota di piano e violoncello e a poco altro. Si resta incantati ad ascoltare questo loro secondo album, intitolato programmaticamente “Quiet Is The New Loud”.

Un titolo che calza alla perfezione a questi dolci racconti in musica, in cui il volume è basso e la strumentazione parca. L’aria che si respirra in queste dodici tracce è la stessa dei dischi di Nick Drake o di Simon and Garfunkel o, per arrivare ai giorni nostri, di Belle&Sebastian e Red House Painters. Musica senza fronzoli, senza enfasi, senza alzare la voce, senza scomporsi, acustica per lo più. Spaccati esistenziali intrisi di malinconia e di una magia tutta particolare. Come l’iniziale “Winning A Battle, Losing A War”, che già solo nel titolo sa conquistare. Una canzone sospesa su due chitarre acustiche e le voci dei due norvegesi che si incrociano per disegnare stupende trame melodiche. Un modo per raccontare le proprie sconfitte, per esprimere la propria rabbia con grazia come nella storia di un amore impossibile della dolcissima “Toxic Girl”.

E nei rimpianti della cristallina “Singing Softly To Me”, dall’andamento jazz, che mette in risalto una splendida tromba. Musica che non ha paura di far affiorare il silenzio, che sa distendersi lievemente, “Parallel Lines”, che sa raccontare dolcemente il disagio, “Little Kids”. “Quiet Is The New Loud” è in definitiva un disco classico, fatto di melodie sussurrate e canzoni senza tempo, che scava con leggerezza nelle nostre inquietudini e nei nostri sogni. Come dire nella nostra vita. Un disco, in definitiva, di cui innamorarsi.

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