PORCUPINE TREE, Lightbulb Sun (Snapper, 2000)

I Porcupine Tree si affacciano al terzo millennio con un lavoro decisamente convincente e di indiscutibile qualità. Addirittura viene da chiedersi perché questo gruppo, pur avendo tutte le carte in regola, non abbia trovato lo stesso consenso di pubblico di altri gruppi più o meno vicini come genere e ricerca musicale, come Radiohead, ecc…

In effetti, “Lightbulb Sun” è un disco di ottima qualità, i cui brani testimoniano una raggiunta maturità artistica per Wilson e compagni. Le tracce si alternano tra autentici hit single da radio FM a lunghe suite in cui l’estro melodico della band può esprimersi in tutta libertà; un ascolto attento non può che parteggiare per queste ultime.
Un brano come “Four Chords That Made A Million”, primo singolo tratto da “Lightbulb Sun”, con il suo tritissimo riff, non lascia pienamente soddisfatti. Intendiamoci: nella melma della programmazione radio un pezzo così costituirebbe comunque uno spiraglio di luce, ma all’interno di questo disco è inevitabilmente destinato all’oblio. “Lightbulb Sun” è estremamente ricco di suggestioni e di languidi paesaggi sonori a cui abbandonarsi.

Il disco apre con la title-track, un energico brano che esordisce con una chitarra acustica dai tono tenui, per poi aprirsi in riff blueseggianti simil-Zeppelin. Subito dopo, si fa un tonfo nel passato con “How Is Your Life Today”, un brano per solo piano e voce palesemente ispirato alle ballate dei Beatles tipo “For No One”. Le reminiscenze terminano presto, e l’attenzione viene catturata dalla già citata “Four Chords That Made A Million” (un filo d’invidia verso quelli che con meno impegno e meno talento fanno più soldi di loro?) e l’altro singolo “The Rest Will Flow”, brano gradevole che se fosse uscito dalla fucina dei R.E.M. non avrebbe fatto fatica ad imporsi come canzone dell’anno.

Ma è su altri lidi che la forza dei Porcupine Tree si rivela. La vocazione polistrumentista di Steve Wilson (i quale è anche l’autore della maggior parte dei brani) regala al disco una miriade di tonalità sonore e timbriche estremamente interessanti. Su tutto risalta la chitarra, mai banale, mai confondibile con altre già sentite; un suono personale, che a tratti ricalca la dolcezza della chitarra di un David Gilmour, e in altri momenti si trasforma in autentica pioggia gelata. La voce di Wilson non è mai sfruttata a livelli estremi, sempre molto composta ed impiegata in maniera discreta; in certi punti del disco, il timbro di Wilson assomiglia in maniera impressionante a quello di Aldo Tagliapietra, cantante-bassista delle Orme e “collega progressivo”.

Dopo aver ascoltato canzoni tutto sommato “easy listening”, finalmente il disco presenta brani come “Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled”, “Hatesong”, “Russia On Ice”, i quali forniscono il pretesto per lunghe cavalcate in cui il gusto per la ricerca sonora è preminente. Richard Barbieri è sicuramente un maestro in questo; in più in questo disco viene affiancato da David Gregory dei XTC per l’arrangiamento degli archi. E il risultato si sente.
Le vette più alte vengono sicuramente raggiunte nei due brani più lunghi e complessi del disco, vale a dire “Hatesong” e “Russia On Ice”. Nella prima, la creatività di Wilson viene affiancata a quella del bassista Colin Edwin, il quale grazie ad una sapiente tessitura armonica e ritmica, riesce ad imbastire questa sorta di viaggio sonoro che non riesce a stancare.

In “Russia On Ice” vediamo tutti i membri del gruppo partecipare alla stesura del pezzo; ed effettivamente, nei suoi tredici e passa minuti di durata, sembra essere il brano più ricco ed articolato dell’intero disco. Atmosfere sognanti, suoni delicati, lasciano progressivamente posto al riff portante dell’intera canzone, che ricorda in maniera imbarazzante i Pink Floyd di “The Wall” e “The Final Cut”.

A parte gli inevitabili e scomodi paragoni, i Porcupine Tree sono sicuramente un gruppo di grande talento, indenne da abbagli tecnologisti e, pur rimanendo fedele ad una propria strada artistica, in grado di evolvere e maturare con successo, come dimostra pienamente questo disco.

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