MOP (Mash Out Posse), Warriorz (Loud Records, 2000)

Mai label fu più attagliata al suo pupillo. La Loud Records e i MOP, l’hardcore e la cattiveria fatta a rap. “Warriorz” è il titolo, e il concetto più delicato dell’intero album. Non dovrebbe stupire, una crew di rapper cattivi e sboccati. L’hardcore poi è stato a lungo il campione del movimento, che si chiamasse proprio hardcore o magari gangsta. Il concetto è quello lì, sempre lui. Ci sono i niggaz, ci sono i bianchi che li rinchiudono nel ghetto, e ci sono i niggaz incazzati che si occupano di fare giustizia. Tutto molto giusto, ma con i MOP è un’esperienza nuova.

Si trattasse solo di urlare! “Warriorz” è un album inattaccabile, di qualità insomma. E guardate che i MOP urlano, gesummaria se urlano… Ma ad oggi sono la sintesi del rapper. Sono due grossi niggaz che fanno del sano rap su basi violente e asciutte. Basi da battaglia, of course. Si guadagnano ogni centimetro del “Parental Advisory” sulla copertina del cd. E lo fanno con dignità, perché sanno scrivere. Sanno rappare, e fanno le uniche basi che vanno bene per loro. Ma sanno scrivere, anche. Ottime liriche, che abitano a varie miglia dall’oceano di BimClickChaccaFlickRick di molto hip hop contemporaneo. Anche se… Avete presente la comunità nera dei film di Spike Lee? Guardate che lui ci scherza, ma neanche troppo. Ecco, il sogno americano, “The Real Thing” (no, non la Coca Cola), per quello stereotipo di quartiere ghetto deve diventare “The Real Shit”. La comunità nera non vuole integrarsi, vuole solo le stesse cose di quella bianca. Le stesse opportunità, lo stesso rispetto, gli stessi soldi. Non puoi andare da un ragazzo di Brookling, mostrargli l’America e dirgli che “tutto questo, un giorno, sarà tuo”. Di questa real thing non se ne fa nulla, e non è poi strano che voglia the real shit. Che insomma dimostri qualche perplessità sulla politica famigliare del presidente, per dirla in poesia. Un’intera generazione di rapper è cresciuta imparando e replicando l’hardcore, che avevano imparato da altre personalità storiche dell’hip hop. Avete presente i Boogie Down Production, il gruppo di KRS-ONE? Da lì in poi l’estetica hip hop si è evoluta, e in questo caso si è irruvidita. Un buon esempio di crew da battaglia sono gli Onix, come tanti altri e meglio di tanti altri. Cosa hanno allora i MOP, per essersi guadagnati un riguardo particolare? Hanno lo stile, nelle produzioni e nei testi. Nelle produzioni varie, abbastanza varie, e nelle liriche potenti. Magari non varie, ma efficaci e potenti, questo sì.

They know they can’t tame us or change us,
So they treat us like strangers (WE’RE DANGEROUS)
I am so anxious, that it scares me sometimes
Find myself doin shit that wouldn’t cross the average mind
I seem to find time to nig-gotiate (MASH)
Renogiate blast at a nigga straight BLAST
Get rid of his ass, rugged never smooth
(M) BLAST (O) BLAST (P) on the move!

Ma non mi incantano. I MOP nascono nel periodo più tristo dell’hip hop, intorno al 1994, e fanno il rap di quel periodo. Sono al quarto album, e non ne hanno sbagliato uno. Sono giovani, Li’l Fame e Billy Danzenie, e visto di cosa sono capaci c’è caso che proseguano a produrre grandi album. Ma a me sembrano dinosauri, e di quelli tristi, pure. Dei sopravvissuti di quella specie di rapper nati e interrati nella enorme fossa comune dell’hip hop, aperta e richiusa fra il ’94 e il ’98. In campana, però! La qualità straripa da queste tracce. E se riuscite a perdonare loro quel poì di floklore da deep Bronx potrete goderveli davvero. Io non riesco a perdonarglielo, questo protohardcore, ma è un mio limite. In ogni caso, da ascoltarsi con cautela…

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