THE WATERBOYS, Fisherman’s Blues (EMI Chrysalis, 1988)

Il disco della decisa svolta “irish” del gruppo di Mike Scott. La gestazione dell’opera è assai lunga (passano tre anni dal precedente “This is the sea”) e lunghe sedute di registrazione si svolgono tra Dublino, Galway e San Francisco. Una volta pubblicato, l’album evidenzia un affascinante equilibrio tra ballate tradizionali e suoni più ricercati e soprattutto un immenso tributo al folk rock della Verde Isola. La sequenza delle canzoni è portentosa e denota la raggiunta maturità artistica del leader originario di Edimburgo, il quale sembra aver trovato nelle comuni radice gaeliche la fonte di massima ispirazione. Il pezzo iniziale, “Fisherman’s blues” appunto, è un viatico formidabile; melodico ed irruento, entra nel sangue come un’endovenosa. Più avanti troviamo la delicata “Strange boat” ed il doveroso omaggio al grande Van Morrison con “Sweet thing”, trattata peraltro con la dovuta devozione. La canzone finale inoltre viene recitata su un testo di W.B.Yeats, ciliegina su questa buonissima torta che vi consiglio di mangiare almeno una volta al mese; sono tutti ingredienti naturali della Vecchia Irlanda!

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