GRANDADDY, The Sophtware Slump (V2, 2000)

Un disco coraggioso. Il gruppo di Modesto, California, era piuttosto atteso dopo lo splendido esordio “Under The Western Freeway”, un lavoro che ricordava Pavement, Flaming Lips e la migliore musica americana dell’ultimo decennio. I Grandaddy rispondono a queste aspettative con un disco allo stesso tempo bello e imperfetto, tentando nuove strade come nel brano d’apertura “He’s Simple, He’s Dumb, He’s The Pilot” che nasce come tastiere e voce per poi crescere fino a ricordare gli ultimi Flaming Lips oppure in “Miner At The Dial-A-View”, una splendida e amara ballata spezzata da una voce automatica.
Qui come in tutto il disco, ciò che colpisce è lo sguardo malinconico al mondo moderno e tecnologico, a ciò che si è perduto e si sta perdendo, ai racconti di delusione e solitudine narrati dalla voce fragile di Jason Lytle.
Si segue questa linea di nostalgia che percorre ogni singolo episodio del disco, dalla leggerezza di “Hewlett Daughter” e “Cristal Lake”, alla desolazione di “Jed The Humanoid” e “Jed’s Other Poem”, e si resta affascinati dal senso di disorientamento che comunicano. Questo è il prezioso dono dei Grandaddy.

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