Il primo ed unico disco doppio nella storia dei Fab Four; il famoso disco bianco. Che scelta stilistica strabiliante puntare su una cover tutta bianca in quei tempi di dominio assoluto del colore sgargiante, già quasi freak; sembra quasi una copertina dei Joy Division, se non fosse in anticipo di 12 anni rispetto all’importantissimo gruppo del povero Ian Curtis. The White Album, ovvero l’album che molti porterebbero sull’Isola Deserta (con una splendida Friday…of course!). Difficile davvero dare torto a questi famigerati “molti”; l’opera, pur con qualche caduta di tono (lo scherzo non riuscito di “Wild honey pie” e la stanca “Don’t pass me by”, a firma Richard Starkey), è probabilmente l’inizio ufficiale di un genere rock a tutto tondo che non sembra avere quasi radici, essendo state queste ultime così sublimamente assimilate dal gruppo di Liverpool, che crea di conseguenza un “genere capostipite”. Qui tutto suona asciutto, nervoso, incisivo ed eccezionalmente moderno. Gli attriti subentrati dopo varie vicissitudini riassumibili nella morte del manager Brian Epstein e nell’entrata di Yoko Ono nella vita di Lennon ed inopinatamente anche nelle registrazioni fino ad allora inaccessibili dei Quattro non sembrano influenzare molto i risultati artistici, anche se sono sempre più evidenti i diversi interessi e scopi dei due leader. Gossips a parte, ascoltate “Sexy Sadie”, il proto heavy “Helter skelter”, la folgorante “Happiness is a warm gun”, il pop ai limiti della perfezione di “Martha my dear”. Allora, l’avete già messo in valigia? Bisognerà pur conquistare Venerdì!
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