Share This Article
Con “Electronic Monsters”, i Seasurfer tornano a solcare territori sonori onirici e taglienti, sospesi tra elettronica, noise e shoegaze.
In occasione del quarto album la band tedesca guidata da Dirk Knight e per la seconda volta dalla cantante Apolonia ci racconta il processo creativo, le influenze che hanno plasmato il disco, il valore della comunità artistica che li circonda e lo spirito libero con cui continuano a muoversi nel panorama dream punk.
“Electronic Monsters” è il vostro quarto album e il secondo con Apolonia alla voce. Come si è evoluta la vostra chimica musicale rispetto all’uscita precedente, “Zombies”?
“Zombies” è stato realizzato e pubblicato all’inizio della pandemia. Avevamo concerti programmati che poi sono stati cancellati. In quel periodo siamo diventati tutti un po’ matti. Dopo ho fatto delle collaborazioni con altri cantanti. Ma in qualche modo ci siamo ritrovati di nuovo, e ora sappiamo più di prima come lavorare insieme. Ed è fantastico.
Dirk, hai detto di aver attinto da tutti i suoni che ti hanno influenzato — dalle influenze anni ’80 allo shoegaze e all’elettronica dark. Puoi raccontarci come questi elementi si sono fusi nella creazione di “Electronic Monsters”?
Abbiamo iniziato con Seasurfer e volevamo creare un sound shoegaze rumoroso, anche come contrasto al mio vecchio gruppo di dreampop etereo “Dark Orange”.
Oggi non è più tanto un’idea concettuale, quanto un flusso naturale. Sono cresciuto negli anni ’80 con la New Wave, la Dark Wave ma anche roba elettronica come Visage, Depeche Mode. Comincio a essere un po’ annoiato da questo suono shoegaze vecchio stile; non voglio sentirmi come un vecchietto costretto a fare musica che suona come se avesse 40 anni. È meglio rompere gli schemi, essere liberi e lasciar fluire tutto, combinando le radici con influenze moderne.
L’album vede la collaborazione di diverse cantanti ospiti, tra cui Gloria Endres de Oliveira, Jana Marie e Jade. Cosa ti ha spinto a includere queste voci eteree e come hanno contribuito all’identità sonora dell’album?
Conosco Gloria dal mio vecchio etichetta, Reptile Music, e adoro la sua profondità e intensità. Ha fatto un grande album con Dean Hurley.
Jade e Jana Marie sono di Amburgo e sono nostre amiche. Due volte l’anno, d’estate e d’inverno, ci troviamo tutti qui a casa mia per una festa all’aperto, con drink e balli. È una comunità di artisti. Volevo che il sound dell’album fosse ampio, e diverse voci si inserivano perfettamente. Ognuna ha il suo stile e carattere.

Descrivete alcune tracce come “electronic monsters”. Puoi parlarci di una canzone dell’album che rappresenta al meglio questa idea e perché?
Per me ci sono due canzoni: una è “Get Burned”, l’idea mi è venuta mentre ballavamo su “Der Mussolini” dei DAF. Ma ovviamente dovevo comunque suonare un po’ di basso e chitarra. L’altra è “I love you, you hate me.” Questa canzone racchiude tutto ciò che amo e che sono: voci eteree, un beat cool, basso ed elettronica. Anche “Collapsing” fa parte di questa idea, con elettronica e una chitarra che crea un muro di suono sullo sfondo. E un messaggio chiaro: non vogliamo e non abbiamo bisogno delle guerre degli uomini vecchi!
I Seasurfer hanno sempre mescolato dream pop, shoegaze ed elementi elettronici, ma “Electronic Monsters” sembra spingersi ancora oltre. C’era l’intenzione deliberata di esplorare nuovi territori sonori?
E’ più un’evoluzione. Di sicuro c’entra anche il fatto che ora faccio tutta la musica da solo e non siamo più una band tipica. Ma amo davvero combinare elettronica con basso e chitarre. Forse qui emergono le mie radici Joy Division e New Order.
Dirk, avendo collaborato con leggende come Robin Guthrie, Jason Corbett e John Fryer, come hanno influenzato queste esperienze passate il tuo approccio a questo album?
Tutti questi musicisti mi hanno ispirato a modo loro, e gliene sono grato. Ricordo ancora quanto fossi emozionato la prima volta che ho parlato al telefono con Robin Guthrie. Da John ho sicuramente imparato a mettere i cantanti al centro di una canzone. Ho visto Jason e i suoi Actors dal vivo più volte; è sempre una grande serata, e dimostra come si possa essere fighi dal vivo ma anche rilassati e divertenti.

Apolonia, la tua voce aggiunge una qualità ultraterrena alla musica. Come affronti l’interpretazione dei paesaggi sonori di Dirk e li trasformi con la tua voce?
Grazie! Mi piace la parola “ultraterrena” perché descrive perfettamente il nostro processo creativo. Di solito, ascoltando questi paesaggi ed energie dei suoi primi demo, scelgo quelli che catturano il mio umore in quel momento particolare e inizio spontaneamente a canticchiare per trovare le melodie e le ‘reazioni’ vocali più autentiche che emergono dal subconscio. Spesso da questi momenti diretti nascono frasi intuitive e poi costruisco il resto del testo attorno a esse. È quasi come collegare i punti delle sue tele strumentali con la mia voce e le mie parole per completare un quadro musicale. È ciò che amo di più del nostro flusso creativo, perché di solito lui accetta molto bene le mie prime reazioni intuitive. Ma a volte smonta anche le mie tracce vocali come pezzi di un puzzle e mi sorprende con nuove interpretazioni davvero interessanti.
Come vedi evolvere Seasurfer dopo “Electronic Monsters”? C’è una direzione o un tema che già ti incuriosisce esplorare?
Tendo ad assecondare il flusso e lasciare che le cose si sviluppino; non lavoro seguendo un piano. Dipende sempre dall’umore e da come si evolvono le cose in generale. Al momento stiamo valutando se torneremo a suonare dal vivo l’anno prossimo. È possibile che faremo brani estremamente sognanti o di nuovo roba rumorosa cold wave. Mi lascerò sorprendere!
