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Chi dice che l’hip-hop è morto ha da ricredersi quando si sentono artisti come Billy Woods, che è dal 2003 che impregna le strade di New York con la crudità e la durezza del suo stile.
Nato in Giamaica nel ’77, si trasferisce poi a New York nel 2000, e fonda la sua etichetta discografica. Collabora con decine di artisti, matura, si evolve, diventa una figura centrale nella scena hip-hop alternativa e consolida il suo nome. Riempie la discografia dal 2003 di testi complessi, temi forti, denunce al sistema e rabbia sputata sul mic, con il vero approccio dell’old school nuda e cruda. Dopo 22 anni ha ancora scheletri nell’armadio, e con il nuovo album continua a farci a botte.
“Golliwog”, un altro pugno sullo stomaco
Il 9 maggio è uscito “Golliwog”, album oscuro. Billy qui parla di violenza sistematica, di morte, racconti dell’orrore, e si porta a casa forti applausi e consensi.
Con brani come “Mistery” vediamo incubi prendere vita: racconta una relazione ossessiva e autodistruttiva, Billy si fa violento nel raccontare le proprie emozioni: “Ragged holes in my throat / but I love to see those lips shiny with blood”. Un pezzo che non lascia sconti, incarna perfettamente l’horrorcore dell’album.
“Waterproof Mascara” parla di violenza coloniale, la produzione di Preservation forma atmosfere corrose fatte di suoni dissonanti e ritmi irregolari. Il titolo stesso, “Waterproof Mascara”, intende la necessità di mascherare il dolore e la sofferenza resistendo alle lacrime.
È un album spiazzante, pieno di agonia e rabbiosità, del fascino di un hip-hop che sembra essere uscito dall’oltretomba per dire al mondo, che per chi ha veleno da sputare, ci sarà sempre spazio davanti il microfono.
80/100
(Gabriele Prospero)