KILL YOUR BOYFRIEND, “Killadelica” (Cargo Records, 2020)

Questo disco non raggiunge le vette di “Neither Virtue Nor Anger” (2015) dei Sonic Jesus o di “Dengue Fever Hypnotic Trip” (2019) dei Gluts, ma rilancia il culto oscuro della neo-psichedelia nel nostro paese.

“Killadelica” è l’ultimo LP dei Kill Your Boyfriend di Matteo Scarpa e Antonio Angeli, gruppo nato nel 2013 e che nel 2015 ha pubblicato uno split-album con i New Candys. Il disco si sviluppa attorno a un concept ossessivo, cioè quello dell’omicidio. Che poi è già l’oggetto del primo LP. Il focus viene però qui spostato dalla vittima al carnefice e i personaggi che vengono raccontati, traccia dopo traccia, sono tutti femminili invece che maschili.

La narrazione del crimine si accompagna di volta in volta all’evidenza di vizi, motivazioni ossessive e che si scatenano in impulsi irrefrenabili fino a compiere l’atto estremo dell’omicidio. L’ispirazione di fondo sul piano musicale e per quello che riguarda l’immaginario di riferimento non può che essere di derivazione post-punk, quel furore garage marchio di fabbrica dei leggendari Suicide di Alan Vega e Martin Rev, ma anche gruppi che sono definiti in maniera “canonica” come dark-wave come i massimi Joy Division oppure Bauhaus (anche se non ci sono performance stilistiche Peter Murphy) e che poi negli ultimi dieci anni si è sviluppato come neo-psichedelia con il disco manifesto “Dead Magick” dei Dead Skeletons del 2011 e comunque con gruppi collegati allo stesso giro come Singapore Sling oppure Undeground Youth.

È un disco sostanzialmente di canzoni, non mancano dei riff caratteristici che danno a ogni pezzo una propria dignità autonoma ma a nominarle singolarmente mi sembrerebbe di fare un torto a quello che è un filone narrativo criminale e ansiogeno. Il suono affilato delle chitarre si attorciglia attorno a dei set ipnotici di batteria e un mantra tipicamente drone che sono la ripetizione di un loop delirante e distorto che è difficile da raffigurare cinematograficamente. È tutto molto disturbante, una sequela di immagini ripetute che sono più puro istinto che un piano studiato a tavolino, ma tutto questo non può fare altro che coinvolgere l’ascoltatore nella dimensione alterata che si vuole proporre.

Giustamente considerato anche al di fuori dei confini italiani e pubblicato in collaborazione tra tre etichette: Sister9 (UK), Little Cloud (US) e Shyrec (IT).

75/100

(Emiliano D’Aniello)