JUNE OF 44, “Revisionist: Adaptations and Future Histories…” (La Tempesta, Broken Clover/2020)

Si tratta del primo materiale registrato in studio dai June of 44 dal lontano 1999 (“Anahata”, Quarterstick Records), lo stesso anno in cui pubblicavano il loro capitolo per la serie “In The Fishtank” per la Konkurrent. Già questo basterebbe per richiamare un certo interesse in questo nuovo LP del gruppo storico (Jeff Mueller, Sean Meadows, Fred Erskine e Doug Scharin) e alfiere della scena rock alternative USA degli anni novanta. Questo nonostante le tracce contenute del disco non siano degli inediti veri e propri: i pezzi di “Revisionist: Adaptations and Future Histories in the Time of Love and Survival” sono infatti nuove versioni di brani già editi, remix e outtakes, però il contenuto è solido e bene amalgamato e comunque il corpus dell’album esce fuori dalle sedute di registrazioni con David Lenci a Oakland (California) lo scorso anno.

C’è quindi una vera e propria ventata di aria nuova che viene portata da questo gruppo che qui rivendica anche un legame importante con il nostro paese: la prima data della storica reunion del gruppo fu quella nel 2018 a Catania in occasione del trentesimo compleanno degli Uzeda. Il disco poi esce non solo in Italia, ma in tutta Europa, per La Tempesta (negli USA sarà diffuso dalla Broken Clover) e poiché i riferimenti del caso vanno alle cose migliori e di respiro più internazionale che vengono fuori dal nostro paese, molto bene così.

Il disco, come detto, amalgama bene contenuti che sono di diversa origine, complice anche il missaggio di John McEntire (molto bene), che cura anche uno dei due remix dell’album (“A Past To Face”) e che ha chiaramente una componente elettronica e che esalta il vigore dei bassi, il lato più sotterraneo e il furore undeground del gruppo; così come il remix di “A Chance To Cure Is A Chance to Cut Your Face” dei Matmos è più dinamico ma allo stesso tempo richiama inquietudini e stati di trance che hanno una lunga tradizioni che scava a fondo nella no-wave newyorkese e che comunque fanno parte delle skill del gruppo. Probabilmente è il pezzo migliore del disco, senza nulla togliere al resto, ma offre veramente lati inediti del sound June of 44, che d’altro canto comunque mostrano poi in maniera più compiuta tutto il proprio repertorio con i pezzi registrati nelle sessioni di Oakland, da “ReRecorded Syntax” alla più complessa “Cardiac Atlas”, una cantilena ipnotica tra eco Codeine e free-jazz e con un crescendo che esalta le sezioni di basso. “Post-Modern Heredi tary Dance Steps” ci mostra il lato più noise e selvaggio del gruppo, “No Escape, Levitate” invece l’attitudine a non rispettare le regole e riprendere concettualmente la free-form già diffusa a a partire dagli anni sessanta nel mondo della musica psichedelica. Comunque sono tutti pezzi, vedi anche “Generate” o anche “Paint Your Face” (una versione “alternative” di “Cut Your Face”, registrata nel 1996 da Bob Weston a Boston), che ci riportano idealmente indietro a un periodo che sembra ieri, ma che invece sono passati già vent’anni.

Non è solo un’operazione di opportunità o materiale per nostalgici. Ci sono dei gruppi che, se li senti oggi, ti rendi conto che avevano veramente poca sostanza. In questo caso invece la sostanza c’era eccome e questo si sente ancora oggi: non vedo francamente perché il disco dovrebbe, va bene, piacere a degli estimatori storici del gruppo, ma soprattutto come non dovrebbe invece attrarre a sé in maniera magnetica e virulenta, diffusiva, anche un nuovo pubblico di più giovani appassionati. Tanto basta.

72/100

(Emiliano D’Aniello)