La Top 7 delle canzoni dei Beastie Boys

 Lo show documentario con la regia di Spike Jonze disponibile in questi giorni su Apple TV+ ha riportato i Beastie Boys nelle nostre bacheche e alle nostre orecchie. “Beastie Boys Story” è un film con un intrinseco valore emotivo che va ben oltre le gag, i testi e la regia stessa. Non è nemmeno la storia di una band, piuttosto è la storia di come si nasce la prima volta, di come si rinasce le altre mille volte, a ogni passaggio, a ogni età, fino a quando c’è da dover scrivere la parola fine. Una storia vicina, coinvolgente, drammatica, ironica, universale, addirittura comune. Per quanto nessuno di noi abbia vissuto le esperienze folli e straripanti dei tre! Un giro su Youtube può darci l’assaggio di quale meraviglioso ottovolante durato 30 anni sia stata la carriera dei Beastie Boys: i live, i festival, i videoclip, le premiazioni, i set televisivi, le sale prova, le interviste deliranti (c’è questa apparizione di MTV in epoca “Check Your Head” in cui Ad-Rock fa paura dall’inizio alla fine). E poi (nel documentario e altrove) ci sono i ricordi e le testimonianze di Mike D (Mike Diamond) e Ad-Rock (Adam Horovitz) da quando il 4 maggio di otto anni fa, morì MCA (Adam Yauch). Da quando insomma i Beastie Boys, con rigore e coerenza dichiararono finita la corsa. Adam Horovitz dice che la vita non è un cerchio perfetto e io qui sotto in modo personale, prendo la matita in mano e disegno una delle tante forme possibili della musica dei Beastie Boys. In sette passaggi, come nostro solito, perché è un bel numero.

P.S. Sempre a proposito di cerchi imperfetti vorrei dire una cosa, qui, di quell’unica volta in cui son stato a New York. Una mattina ho cercato a vuoto sotto la pioggia battente l’incrocio di strade della copertina di “Paul’s Boutique” e invece alla partita dei Knicks ho finito per trovarci Adam Horovitz.

07. “Shadrach” (Paul’s Boutique, 1989)

“Paul’s Boutique” è il brutto anatroccolo divenuto cigno dieci, venti anni dopo. Successo annunciato, tonfo galattico. Paradigma, lezione, stile di vita e religione. S’imparano più cose da “Paul’s Boutique” (e dalla sua storia) che da diecimila discorsi fatti bene. “Shadrach” è uno dei tanti tasselli indimenticabili. Del video si occupò Yauch attraverso la sua maschera e alter ego Nathaniel Hornblower, quello dell’irruzione agli MTV Award 1994

06. “Multilateral Nuclear Disarmament” (Hot Sauce Committee Part Two, 2011)

Questa è di sicuro la più weird delle mie scelte. Sta qui dentro perché vuole rappresentare un disco bellissimo, sottovalutato e conclusivo come “Hot Sauce Committee Part Two”. E poi ribadisce che la carriera dei Beastie Boys non va riduttivamente identificata col rap. Hanno suonato a 360 gradi e i due album strumentali (la raccolta “The In Sound From Way Out!” e “The Mix-Up”) lo testimoniano.

05. “Root Down” (Ill Communication, 1994)

“Root Down” racconta molto bene di quel passaggio fluido tra “Check Your Head” e quel capolavoro che fu “Ill Communication”. Una fase in cui mescolare il funk, l’hip hop, il jazz conservando (o ritrovando) un approccio hardcore era una cosa che sembrava naturale. Qui hanno proprio messo un loro marchio che nessuno gli potrà mai togliere.

04. “Just A Test” (Hello Nasty, 1998)

Questa è una delle tante tracce che fa di “Hello Nasty” un gran caleidoscopio, forse un po’ prolisso ma che ha il merito di aver saputo distanziarsi da un percorso sicuro (quello di “Ill Communication”). Tra riferimenti old school e le ritmiche nervose è un altro di quei pezzi che non nascono per essere delle hit ma fanno l’ossatura di un disco. Ecco, in quel momento si aveva la sensazione che i Beastie Boys non sarebbero finiti mai.

03. “Shake Your Rump” (Paul’s Boutique, 1989)

L’emblema di “Paul’s Boutique”, album lontano anni luce dal suo predecessore, “Licensed To Ill”, pur essendo ancora i tre  palesemente dei ragazzini. Che fanno errori da ragazzini ma hanno una freschezza che li salva. In evidenza c’è la ricchezza e la densità del suono dei Dust Brothers in regia. “Shake You Rump” è talmente densa e materiale che la puoi tenere in mano.

02. “Sabotage” (Ill Communication, 1994)

Per quanto qui si voglia privilegiare un percorso un minimo alternativo nella loro produzione, non si può lasciar  fuori un pezzo così connotante e dirompente. Personalmente benedico come un magico allineamento l’incastro tra quel mondo con stimoli contingentati (se paragonato a oggi), l’avere 19 anni (e tutta l’intrinseca brama di stimoli) e beccare su Videomusic un video come quello con Alasondro Alegré (Mike D) nei panni di The Chief. Il più adorabile  dei Life Changing Moments.

01. “So What’Cha Want” (Check Your Head, 1992)

Formalmente c’è tutto quello che definisce i Beastie Boys nell’incontro tra groove, rime, estetica, tecnica e memoria punk. E questo se stiamo a guardare la forma. Ma se la metto in vetta c’è, credo, dell’altro che non so neanch’io bene. Sicuramente c’è che ero in macchina quando sentii la notizia della morte di Yauch. Non mi scomposi tantissimo perché una cosa del genere un po’ l’avevo messa in conto. Stoppai il notiziario e di riflesso misi questa, in coda sui viali, a un volume oggettivamente da denuncia.

(Marco Bachini)