BLOOD ORANGE, “Angel’s Pulse” (Domino, 2019)

Lo dico senza ironia: trovo molto interessanti le discussioni sulle differenze di tipo categoriale tra un mixtape e un disco “normale”. Un po’ perché è necessario chiarire se la linea di confine c’è e un po’ per mettersi d’accordo su quale sia. Soprattutto, la differenza tra un album e un mixtape la si può cercare su piani diversi: quello degli intenti, quello delle aspettative del pubblico, quello artistico in senso stretto, quello economico in senso largo, quello della comunicazione e altri cinquanta. Sì, a ridurre il discorso all’osso, un mixtape è un disco che viene fuori tra un album e un altro, con meno vincoli contrattuali, con una libertà artistica a volte inedita ma anche con un’accuratezza e una pressione generalmente inferiori a quelle che si associano all’uscita di un disco. Poi c’è anche questo fatto che spesso i mixtape li fanno artisti che per un discorso di estetica adottano un approccio da mixtape anche nei dischi canonici, dove canonici è parola tra delle gran virgolette.

Ed ecco che siamo a riparlare di Devonté e del suo consolidato progetto Blood Orange. “Negro Swan”, uscito esattamente l’anno scorso era un dipinto amaro e coinvolgente sulla felicità e l’infelicità che vanno a braccetto. “Angel’s Pulse” viene da lì, da quello stesso nido, quindi gli somiglia. “Negro Swan” aveva, appunto, questa struttura (propria anche di “Freetown Sound”) fatta di eterogeneo susseguirsi di voci diverse, parlato, velluto e strappi e poi melodie piccole piccole, fortissime.

“Angel’s Pulse” nello “stretto” minutaggio delle sue tracce conserva i crismi di Blood Orange: ospiti che fanno come a casa loro (Aaron Maine a.k.a. Porches, Toro y Moi, un Arca perfettamente integrato in “Take It Back”) le doti di scrittura di Dev, la forte connotazione soul. E quell’immediatezza pop anche quando la struttura di una canzone non è poi così lineare (“Benzo”). Si potrebbe anche dire che per molte delle brevi tracce la fine arriva proprio all’affiorare dell’anima pop ma è forse proprio questa la cifra del disco. Di questo disco. Hynes così ci lascia lavorare un po’ d’immaginazione. “Baby Florence”, registrata “qui dietro”, è il suo regalo al capoluogo toscano. O viceversa. In “Angel’s Pulse”, nel suo complesso, c’è un senso di condivisione, di confidenza, di distanza  ormai accorciata. Sono anni che il progetto cresce insieme a chi lo ha amato.

Nelle note, Devonté Hynes fa sapere che in genere queste raccolte/epiloghi in coda ai suoi lavori era solito regalarli in giro. A volte in modo un po’ random ma più spesso agli amici intimi. Ecco, in un modo o in un altro ora siamo tutti diventati una famiglia. Non so ancora dire bene cosa sia un mixtape ma credo che questo sia il modo in cui farlo.

72/100 

(Marco Bachini)