BETTER OBLIVION COMMUNITY CENTER, “Better Oblivion Community Center” (Dead Oceans, 2019)

Le sensibilità che si intrecciano, si scontrano, creano collissioni e collassi epici, cosmici. Le sensibilità differenti di Conor Oberst e Phoebe Bridgers, che decidono di unirsi per collaudare un modo intelligente per fuggire dalla realtà, dallo shutdown (passato), dai dischi suonati giusto per.

Due mentalità musicali che trovano affinità sostanziali nel progetto Better Oblivion Community Center, che avvolto per mesi in una cortina di fumo e oscurità, ha finalmente ha spiegato le ali e rivelato chi fossero le menti dietro tutto questo.

Il linguaggio del disco è variopinto e va dall’electro pop fino alla jam session folk: pezzi come  “Dominos” e  “Exception to the Rule” sono quasi agli antipodi, ma dimostrano una sensibilità artistica di fondo. Phoebe Bridgers in meno di un anno si è dimostrata talento eclettico e puro, che riesce a combinarsi con il peso vocale e artistico di Oberst; le lievi sfumature di voce nel duo creano una situazione armonica da cui è difficilissimo scollarsi, per un ascoltatore.
Ogni brano è una zona franca in cui trovare ristoro, conforto. “I’m carpooling to kingdom come / Into the wild purgatory”, cantano in “Dominos” e la sensazione è proprio quella di trovarsi in un purgatorio selvaggio (incredibilmente ispirato da un suono alla J. Mascis), in cui trovare ogni forma di umanità possibile.

Praticamente il disco diventa un mantra: “Eat, Sleep, Listen, Repeat”: effettivamente l’ascolto è talmente variegato e piacevole che è difficile privarsene.

I BOCC riescono a ricreare una miscela di rock da confessionale, dove ci sentiamo coinvolti e spiazzati, reduci da un lungo cammino e allo stesso tempo all’inizio di un nuovo viaggio.

L’armonia è fondamentale per far funzionare un disco così e allora Conor e Phobe non hanno inventato nulla, non si sono arrampicati su specchi e non sono partiti per viaggi interstellari, ma hanno trovato la formula per essere sinceri, spiazzanti e potersi raccontare faccia a faccia.

L’immediatezza dell’incontro traspare e rende i BOCC non un vero e proprio progetto, ma una fontana da cui sgorga un’acqua pura, fresca, benedetta. Ora tocca correre a riempire le nostre bottiglie dei pensieri sparsi e abbaglianti di Conor e Phoebe, che facendoci entrare nei loro inferni personali ci offrono una chiave per la nostra personale e agognata salvezza.

76/100