DAUGHTERS, “You Can’t Get What You Want” (Ipecac Recordings, 2018)

L’ultimo disco dei Daughters è datato 2010. Sono passate un sacco di cose, l’America ed il mondo sono luoghi completamente diversi.

E in “You Can’t Get What You Want”, quarto lp in studio della band di Providence, si sente tutta la disperazione, la paranoia, e la “poetica del rumore” che avvolge questa fine di anni 10. Già dal titolo, iconico, si ha una fotografia essenziale di questo momento storico. Le battaglie sociali e civili durate anni si fermano ad uno stop, il passaggio dalla ‘fine della storia’ alla fine delle certezze che eravamo riusciti a costruire in questi anni.

L’incipit del disco, “City Song”, è un monolite industrial-noise su cui uno spoken word ossessivo e di un nichilismo impressionante delinea uno scenario agghiacciante: “The city is an empty glass / Words do nothing”.

Da lì in poi, un susseguirsi di calvacate noise di una violenza unica vanno a comporre i 50 minuti di questo disco. Tra parentesi, (per chi scrive) questo è uno dei dischi dell’anno. Non è il suono più nuovo, non c’è chissà quale ricerca, ma il messaggio è chiaro e diretto. Il fine ultimo di ogni opera (musicale o quant’altro) che si possa definire tale, la catarsi, è quello che si avverte quando sfuma l’ultima traccia ed il disco si arresta.

La violenza, il rumore, il pessismismo, non sono il fine dei Daughters, ma il mezzo con cui delineano una fotografia perfettamente a fuoco del contesto in cui questo disco è stato partorito. “Can’t Get What You Want” non ha una poetica civile, ma è uno dei dischi più politici che abbia ascoltato quest’anno. Millennial intorpiditi da birre IPA in sovrapprezzo, frustrazione nelle difficoltà sempre maggiori nel raggiungere quella felicità citata nella Dichiarazione d’indipendenza americana, Stati-azienda che si ribellano alla tecnica diventando stati di polizia, la fine del “sogno americano”. Questo disco è per tutte queste persone, non solo per i giovani americani ma per chi cerca di essere sveglio in questi anni difficili.

“Stay woke” è un proclama che abbiamo sentito arrivare (perlopiù da oltreoceano) spesso -anche troppo- negli ultimi anni. A volte anche a sproposito. I Daughters non te lo consigliano, ti obbligano a svegliarti. Anche perchè ti prendono letteralmente a pugni nello stomaco.  A voi la scelta, stile Matrix. Non diventerai un maestro di kung fu, ma un briciolo più consapevole sì.

 

86/100

(Matteo Mannocci)