Wolf Alice, Santeria, Milano, 13 gennaio 2018

C’era attesa per il live dei Wolf Alice di Milano, e il sold out lo stava a dimostrare. L’annullamento del concerto del febbraio 2016 a causa delle nomination ai Grammy, agli NME Award e ai Brit aveva lasciato l’acquolina in bocca un po’ a tutti, evidentemente, e quello del Santeria è stato dunque il primo evento italiano per la band di Ellie Rowsell e soci.

Prima di tutto occorre però spendere due parole anche per l’apertura delle I’m Not A Blonde, il classico gruppo che rende più su un palco che su disco: il loro arty-electro-pop è fatto di una pasta che si apprezza maggiormente quando vedi Chiara e Camilla intente a smanettare sui loro ciappini passando da chitarra a synth, da pad che fanno partire campionamenti al doppio microfono. Cose semplici, s’intende, però questo modo di suonare è l’unico accettabile quando hai delle basi e le vuoi usare ma anche dare un tocco unico all’esibizione. Il nuovo “The Blonde Album” del duo milanese è atteso per il prossimo 26 gennaio: posto che oramai è un dato certo che non si uscirà mai dagli anni ’80, bene anche la loro rivisitazione di quegli anni svecchiando il tutto con una visione concettuale ed estetica.

Poi una bionda è arrivata davvero: per l’occasione la Rowsell si è abbigliata in nero con spalle scoperte e i capelli biondi svolazzanti, molto più bella dal vero che nelle foto di scena. Hanno completato il look del gruppo la polo Fred Perry del chitarrista Joff Oddie, la camicia (con colletto a punta anni ’70) e giacca nera del bassista Theo Ellis e la camicia bianca del batterista Joel Amey. Non si credi che questa descrizione sia inutile, poi spiegheremo il perché di questa specifica. La partenza è onirica: “Heavenward” è la song giusta per preparare le atmosfere grintose e pop della band londinese, e viene seguita subito a ruota dal singolo al fulmicotone “Yuk Foo”. Da lì in poi il livello sonoro non scende mai, e quando i Wolf Alice diminuiscono un po’ l’intensità (“Don’t Delete the Kisses”, “Sadboy”) è il lato epico a prendere il sopravvento e quindi non c’è, in sostanza, nessun calo (e senza sbavature, tenetelo presente per dopo). Anche il crescendo finale è curato, tutto funziona e soprattutto in “Space & Time”, “Moaning Lisa Smile” e “Giant Peach” il risultato è particolarmente hot con un pogo sotto il palco abbastanza esteso. Insomma bel concerto e non ci sarebbe nulla da lamentarsi. Però il ruolo di critico impone qualche considerazione che vada al di là del banale “sì, mi è piaciuto”.

Quello che non può essere celato è che la band suona ancora un po’ troppo compita, pare aver paura di sbagliare e questo – se fai del rock energico – non è un bene: qualche innesco dissonante in più, pure qualche errore perché si sta suonando con troppo sentimento e foga rende il tutto più umano ed emozionante. I Wolf Alice sono come il loro abbigliamento: dei bravi ragazzi, ed è ora che si dimentichino di esserlo. Basta poco, anche i Blur prima del 1997 avevano questo atteggiamento, poi si sono smollati. Se lo faranno, beh, nel loro genere non avranno molti rivali.

(Paolo Bardelli)

Setlist
Heavenward
Yuk Foo
Play Video
You’re a Germ
Your Loves Whore
St. Purple & Green
Don’t Delete The Kisses
Planet Hunter
Bros
Silk
Lisbon
Beautifully Unconventional
Formidable Cool
Sadboy
Space & Time
Moaning Lisa Smile
Visions Of A Life
Fluffy

Encore:
Blush
Giant Peach