CURTIS HARDING,“Face Your Fear” (ANTI-, 2017)

Se fai Curtis di nome e hai la pelle nera, inutile dire che ti guarderò, da un lato, con un po’ di ammirazione ma sarò sempre attento a non concedere troppi paragoni con colui che ha un posto di rilievo nella mia personale classifica di Soul Man. Perché, inutile girarci intorno, Harding in questo secondo lavoro, ha provato ad ispirarsi a Mayfield. L’esordio autoprodotto datato 2015, anche se più grezzo e imbastardito dal rock, aveva dato segnali di potenziali inespressi facilmente identificabili (personalmente non mi aveva colpito particolarmente). Ecco allora che “Face Your Fear” prova a innalzare il respiro del Soul; produttore abile a dare aria ai pezzi (Danger Mouse, non un pivellino) e più attenzione alle sfumature, più fiati, più calore, più anima.

Sulla carta, perché la pulizia sonora è spesso nemica dell’istinto. Tenere a bada l’amore e far in modo che tutto sia perfetto; ecco quello che ha provato a fare il nostro songwriter: destreggiarsi nella tradizione cercando di risultare autentico. Ma si può essere autentici facendo dischi che non si prendono rischi? Cosa voglio dire esattamente? 41 minuti, perfetti! Una copertina da manuale per chi ascolta soul. La voce; graffiante, calda, il falsetto che fa bagnare le mutandine delle donnine. I coretti al posto giusto “On and On”, il wah-wah e la voce effettata che vorrebbe far perdere la testa invece si perde nei clichè “ Go as You Are”, il singolone da ascoltare in coda all’Esselunga “Till the End”, la noiosissima “Dream Girl” che sembra un pezzo degli Unknown Mortal Orchestra senza le droghe, il ritmo di “Need Your Love” che farebbe muovere il culo a tutti, sempre però senza azionare il cervello per connettersi con le buone vibrazioni.

Qualcuno in questo caso ha tirato in ballo il temine Vintage Soul. La prima parola mi fa sempre venire l’orticaria. La seconda dovrebbe meritare rispetto.

55/100

(Nicola Guerra)