Cass McCombs, Biko Club, Milano, 8 Febbraio 2017

Nel corso degli anni Cass McCombs è cambiato, e altrettanto ha fatto la sua musica.
Aria schiva e sguardo cupo, solo qualche anno fa il cantautore californiano passava le sue esibizioni live concentrato su se stesso e sulle sue torbide ballate; il pubblico in sala poteva essere tranquillamente invisibile, quello che contava erano unicamente le canzoni e il suo modo di comunicarle.
Quello che sale sul palco del Biko di Milano in un freddo mercoledì di febbraio è un’artista che ha abbracciato un suono più limpido e disteso (provare per credere l’ultimo “Mangy Love”) e che, nonostante i nove dischi alle spalle, sembra non aver alcuna voglia di interrompere il proprio percorso di maturazione.
Lo stesso si può dire per la sua interpretazione: Cass McCombs non è certo diventato un chiacchierone, ma la testa ora è alta, e lo sguardo sereno cerca spesso il pubblico oltre che i propri musicisti, con i quali l’armonia è pressoché perfetta.
Succede così che un concerto che sembrava partito come una serata per “pochi intimi” o appassionati di passaggio (sembrano in pochi ad avere dimestichezza con la musica di Cass), si trasforma in un evento da ricordare. Il merito ovviamente è tutto di questo prolifico menestrello, la cui vena creativa sembra non conoscere soste.

Dal vivo i brani diventano tutti, nessuno escluso, delle piccole jam session. Il suono dilatato che ne viene fuori è uno strano ibrido di alt-folk e roots rock, che pesca un po’ qua e un po’ là, ma alla lunga ti cattura grazie al suo andamento avvolgente e confidenziale (cit.). Risulta davvero arduo non innamorarsi di questo cantautore. I suoi morbidi midtempo – più racconti che ballate – sono confezionati in modo da lasciare sempre qualcosa all’ascoltatore; che sia un assolo di chitarra o di tastiera (dal vivo molto più presente che su disco), un verso che ti rimane impresso o un acuto della sua voce, ogni brano si meriterebbe un commento a parte.
A colpire sono anche i momenti più accelerati come ”Rancid Girl” e l’ormai imprescindibile “Run Sister Run”, segno che quando vuole Cass McCombs sa anche far ballare. Per i fan della prima ora che speravano in qualche vecchio pezzo in più in scaletta c’è comunque “County Line”, eterna litania minimalista colma di eleganza e di poesia.
I “no” urlati ad alta voce dopo il suo “this is our last song” e l’amichevole sorriso di risposta, prima di tornare per il bis, danno la cifra di una serata che profuma di riconciliazione con la musica, intesa nella sua veste più calda e intima.
Quella di cui tutti ogni tanto abbiamo bisogno.

(Stefano Solaro)

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