Le trame esotiche degli Uyuni

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Quello degli Uyuni è un suono esotico e dilatato. Una perfetta colonna sonora per viaggiare, in modo più o meno mistico, più o meno reale. Una psichedelia che abbraccia dolcemente l’ascoltatore, le melodie sono pacifiche così come le voci quasi del tutto assenti. Dopo l’uscita di “Australe” nel 2014, la band ha pubblicato uno split assieme ai Ronin per la neonata label di Area 51, lo storico programma di Radio Città del Capo di cui noi di Kalporz siamo stati partner per anni.
Gli Uyuni arriveranno domani a Reggio Emilia, ospiti della rassegna “Red Noise” in scena al C.S. Catomes Tôt. Abbiamo colto l’occasione per fare una bella chiacchierata con Nicola Lombardi (chitarre, synth, loops), parlando di natura, Kurdistan e della collaborazione con i Ronin.

Il vostro nome prende ispirazione da un grande lago della Bolivia. Nel vostro secondo disco “Australe” ci sono alcuni riferimenti al mondo naturale. La domanda leopardiana è: la natura vi aiuta nell’ideare e dare forma alle vostre canzoni? E se sì, in che modo?
Fin da bambino sono stato cresciuto a lunghe camminate in montagna e sono stato educato a rimanere in silenzio, ad osservare ed ascoltare. Senza voler scivolare nella classica diatriba intellettuale sull’opposizione tra cultura e natura e senza voler esagerare in idealismi di stampo romantico, trovo che il linguaggio con cui la natura si esprime sia positivamente sobrio ed anti-retorico.
Il mondo “naturale” ha una potenza comunicativa che non trovo in nient’altro e credo che la ragione di questa potenza stia nella nel fatto che in natura ogni cosa è semplicemente quello che deve essere, senza bisogno di spiegazioni o filosofie.
L’esperienza di bellezza che si può avere rimanendo in silenzio in mezzo al paesaggio è quanto di più salutare conosca, perché mi aiuta a ridimensionare me stesso e le cose per cui quotidianamente mi angoscio. Vorrei che la nostra musica potesse parlare un linguaggio simile.

Com’è nato lo split prodotto da Area 51 insieme ai Ronin? Cosa pensate di avere in comune con loro?
Lo split è nato da una proposta di Massimo de Simone. Eravamo in tour in Sardegna quando ci ha telefonato proponendoci la cosa e ancora non sapevamo quale fosse la band coinvolta insieme a noi nello split. Naturalmente sapere che si trattava dei Ronin ci ha reso molto felici ed onorati. Apprezziamo e seguiamo i Ronin da molto tempo e penso che tra noi ci siano molte affinità ma anche differenze in senso positivo.
Credo che ci siano molte cose in comune nelle nostre radici sonore e in una certa sobrietà nell’approccio alla musica che cerchiamo di perseguire. Dei Ronin apprezziamo molto anche l’immaginario e la capacità di comporre ed arrangiare intorno a melodie potenti senza mai diventare veramente “melodici”. Il tema è raramente così esplicito nella nostra musica e se c’è, si trova sempre fuso con un universo di suoni da cui farei fatica a separarlo. È stato bello vedere questa differenza di approccio all’opera durante le registrazioni dell’ep.
Inoltre, per chi avesse avuto l’occasione di vederli suonare dal vivo recentemente non c’è bisogno di ribadire che il loro live è una bomba.

Ascoltando lo split, ho sentito come il bisogno di fondere di più il suono delle due band. Avete mai pensato di lavorare ad una produzione più allargata?
Sarebbe molto bello. Purtroppo il tempo è sempre un crudele tiranno e pare che si faccia sempre più fatica a trovarne. Un giorno probabilmente capiremo che in fondo è forse l’unico bene prezioso che esista. Spero che si crei presto l’occasione per collaborare ancora, magari anche in forma più estesa.

Tornando alla Bolivia: mi sembra che nella vostra musica ci sia molto più oriente che america latina. È così anche per voi? Se sì, da dove arriva questa influenza?
In generale penso che nella nostra musica ci sia una certa idea di “altrove” a cui costantemente tendiamo. Ho sempre avuto una passione per mappe, mappamondi e tutti i posti dove non sono mai stato, molti dei quali probabilmente non avrò mai l’occasione di visitare. Potrei incantarmi per ore a scovare nomi su una mappa. Questa idea del viaggio (reale o immaginario) o del naufragio, è sempre stata un elemento cardine della nostra musica.
È vero che nel nuovo Split Ep in particolare, c’è sicuramente parecchio medio-oriente, principalmente a causa di un viaggio fatto un paio di anni fa in Kurdistan. In quel momento ho avuto l’occasione di perdermi per un po’ per le strade ed i mercati e registrare parecchio materiale audio, che in parte è stato utilizzato nella produzione di alcuni brani. Mi aveva particolarmente colpito quanto ogni cosa avesse un che di ancestrale e mistico.
In “Cardamomo” abbiamo utilizzato un frammento di un “piano bar”, registrato in un hotel di Sulaymaniyah. Quando il musicista ha fatto partire la base della tastiera midi e invece del solito ritmo di batteria sintetica, è partito un drone impressionante, non ci potevo credere!
Inoltre c’è una affinità naturale tra l'”American primitive guitar”, di cui si potrebbe dire che siamo discepoli, e il Raga. Penso che questo richiamo all’Oriente, venga principalmente da lì.

Dopo la tappa a Reggio Emilia, gli Uyuni si sposteranno nel Lazio per altre due date. Eccole qui sotto. In fondo all’articolo lo streaming di “Australe” e dello split con i Ronin.

10/02 @ Red Noise (Reggio Emilia) w/Agostino Tilotta (Uzeda)
11/02 @ Casa Klamm (Roma)
12/02 @ Circolo Hemingway (Latina)