Intervista a The Quincey

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Dopo il bell’EP di esordio dell’anno scorso, alla fine di novembre uscirà il primo album de The Quincey, anticipato poche settimane fa dal video “Look up to the Sky”, che dà anche il titolo all’intero lavoro. Il primo singolo introduce alle sonorità incentrate sui pieni anni ’60 e ’70, durante l’esplosione della psichedelia, e crea non poca curiosità su tutto l’album. A pochi giorni dall’uscita quindi, abbiamo provato a farci dire di più.

The Quincey, di stanza a Milano, come da comunicato stampa. In realtà siete un gruppo variegato che sembra essere uscito davvero da una comune hippie. Chi siete? Quanti siete?
La nostra famiglia: Benjamin al basso, Pony alla batteria, io (Luca) alle tastiere e synth, Silvia voce e chitarra, Massimiliano alla chitarra, Manu voce, chitarra e percussioni.

Com’è nato il gruppo?
Il gruppo è nato dall’esigenza di esprimere le nostre idee e sensazioni rispetto alla musica, direi, che erano completamente diverse da quello che ci circondava. Da lì Manu ha riunito noi intorno a lui ed è nato tutto.

La scelta del genere che suonate è dettato più dai gusti musicali personali o pensate sia arrivato il momento di tornare ai tempi del, semplificando, Flower Power?

E’ dettato da quello che ci viene spontaneo suonare, sicuramente influenzato da quello che ascoltiamo. anche se in realtà non siamo molto Flower Power, siamo più vicini alla psichedelia sudamericana ’60-’70 come gusto.

Addentriamoci nel disco. Poche settimane fa è uscito il video del singolo “Look up to the sky”, che dà anche il titolo all’album. Sono fortissimi i riferimenti sia musicali che testuali ad “Hair”e la “Age of Aquarius”. Quali le altre ispirazioni del disco?
In generale siamo molto attratti da temi astrologici, da qui l’Age of Acquarius e riferimenti esoterici. Abbiamo anche uno sciamano nella band. Il nostro prossimo video, che sta uscendo, lo conferma. a livello musicale, come ti dicevo, prendiamo ispirazione da psych-sudamericano come Som Imaginario, Litto Nebbia, Congregacion. Ma amiamo anche il garage-psych-rock U.S.A. di Index e Human Expression.

Musicalmente invece siamo di fronte alla declinazione space-acid di un pop subito assimilabile. I suoni sono vintage sono stata una precisa scelta stilistica al momento della registrazione/produzione?
I suoni sono quelli che abbiamo sempre avuto e cercato, fin dall’inizio. e che abbiamo voluto confermare con la registrazione e produzione del disco, curata da Pony (aka ChapelOne come producer).

Si può dire che questo disco è un antitodo contro “il logorio della vita moderna”?
Non saprei, è un po’ quello che a noi piace, che forse non appartiene alla “vita moderna” come intendi tu. Diciamo che ci ritroviamo un po’ “spaesati” in quello che è il contesto generale social/musicale italiano di oggi, questo sì. Anche se ci sono meravigliose eccezioni, Dumbo Gets Mad ad esempio.

Vi auspicate un ritorno all’age d’or dell’ingenuità giovanile, quando la libertà era la vera forza delle nuove generazioni?
Ci auspichiamo un ritorno ad un certo tipo di sensibilità, musicale e, in generale, nei confronti dell’arte, che poi credo porti, di conseguenza, ad un ritorno alla bellezza. Non sto dicendo che l’unica via sia la musica psichedelica, ci sono un sacco di altri esempi nel mondo, diversi e bellissimi, di libertà intellettuale.

Quanto siamo liberi, invece al giorno d’oggi, secondo voi?
Oggi abbiamo la possibilità di essere liberi e molto. Almeno questo è quello che penso io.
Quanto lo siamo? Non saprei rispondere, credo che la libertà si raggiunga soltanto con l’arte e per mezzo dell’arte. Credo che la presenza di arte nella vita di ognuno determini il livello di libertà dello stesso.

(Elisabetta De Ruvo)