[#tbt] Lasciare i R.E.M. non è mai semplice

“When we got together (to prepare for the next album) in Hawaii in April, I didn’t feel like I was all there. I felt like I was on another page or something . . . like my fire of enthusiasm wasn’t burning as brightly as the other guys.” T :”Quando ci siamo riuniti (per preparare il prossimo album) alle Hawaii ad Aprile, mi sentivo come se non fossi completamente lì. Avevo svoltato pagina o qualcosa di simile… il mio fuoco dell’entusiasmo non bruciava in modo così luminoso come quello degli altri.”

Bill Berry, Los Angeles Times – 31.10.1997

Il 27 ottobre 1997 Bill Berry annuncia ufficialmente di voler lasciare i R.E.M..
Notizia che all’epoca non suonò poi così improvvisa, era nell’aria già da qualche anno.
Dopo l’aneurisma cerebrale, che colpì Berry nel 1995 durante il tour di “Monster”, niente è più come prima: sì, i rapporti tra i componenti alla fine sono sempre buoni ma la testa di Berry è ormai altrove. Il batterista, già da tempo, non partecipa più alla scrittura dei brani, stanco e forse anche un po’ affaticato dalla stressante routine on the road. E così non per ragioni fisiche – si era ripreso dalla malattia – né per motivi di carattere musicale decide di abbandonare i compagni, amici di e da una vita, si dedica all’agricoltura ritornando alla terra. La musica, però, è sempre lì. Si assicura, prima di congedarsi dal gruppo, che Stipe, Mills e Buck continuino a suonare anche senza di lui. Anche perché nel corso degli anni Berry continuerà a seguire con attenzione i R.E.M., da ascoltatore ovviamente. E ritornerà, in qualche rara occasione, a riprendere il suo posto dietro le pelli.

Resta un dato di fatto: la perdita del batterista è stata pesante sotto ogni punto di vista. Compositivo in primis. Berry non verrà mai sostituito veramente. Joey Waronker prima e Bill Rieflin poi saranno semplici turnisti: in “Up” (1998), primo album del dopo addio, in diversi brani – “Airportman”, “Suspicion”, “Hope” – il calore umano e lo spessore ritmico lasciano spazio ai suoni algidi, malinconici dettati dalla drum machine. Lontano però dall’essere un album completamente senza batteria, per dire “Lotus”, uscito anche come singolo, è un tentativo, seppur blando, di fare un brano dalle tinte rock. Il vero ritorno al passato, piuttosto, avviene negli ultimi due dischi del gruppo, antologie di maniera del suono che fu, “Accelerate” (2008) e “Collapse into now” (2011): chitarra, basso, batteria di nuovo al centro della struttura-canzone.”Man-Sized Wreath”, “Mr. Richards”,”Horse To Water”, “Discoverer” – solo per fare qualche esempio – ripropongono il suono storico del gruppo. Manca però la vivacità creativa degli anni ottanta e novanta. Che se n’è andata via con Berry.
Parafrasando Leaving New York, lasciare i R.E.M. non è mai semplice.

(Monica Mazzoli)

29 ottobre 2015