Roma – Rimini, in viaggio per la prima data dei Verdena

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Rimini, 28 Febbraio 2015, in treno verso Roma.

Quando ho aperto gli occhi stamattina le frasi che si sono susseguite nella testa sono state, nell’ordine, queste: “Dove sono?“, “Oh cazzo….“, “Voglio tre caffè“. La prima appena aperti gli occhi, vedendo di fronte a me una finestra che non riconoscevo; la seconda girandomi dall’altra parte del letto; la terza alzandomi piano contemporaneamente stropicciandomi gli occhi e dandomi pugni in testa.
Che cavolo è successo ieri?

I Verdena!
Certo, i Verdena, il concerto…

Sono arrivata presto a Rimini ieri. Alle 16 ero già in albergo, meraviglioso hotel per incontri gay (l’ho capito dopo), sul lettone, col quaderno aperto a scrivere. Non ho dormito molto prima della partenza, da quando è uscito Endkadenz vol.1, lo avrò ascoltato più di un centinaio di volte, a parte la bellezza, a parte il mio legame con la loro musica.
Certi inglesi cantano “Music won’t save you from anything but silence“, boh, non sono così d’accordo. A pensarci bene la cosa è assurda. La musica non esiste, non ha massa, non ha peso, è un movimento invisibile, potente, di onde, che entropicamente si esaurisce nell’aria e si moltiplica dentro di te. Ti strattona, ti schiaccia, ti solleva, fino alle stelle.
Può essere speed e valium per l’anima, anche quando il corpo fa un po’ quel cazzo che gli pare. Beh, per farla breve, WOW è stato il primo album che ho ascoltato ri-emozionandomi dopo un brutto, ma proprio brutto periodo, quindi li considero partecipi se non fautori di una resurrezione. Fate voi.

Sono partita per sentir piovere le pigne in testa durante il loro live.

Questo scrivevo, poi ho raggiunto un amico che non vedevo da mesi, per lo più per chiacchierare di amori di merda e morte. Il prologo perfetto insomma. Torno in albergo per riprendermi e prepararmi. Decido di prendere il taxi e vado.

Arrivo già con l’idea definitiva che apriranno con “Ho una fissa” e chiuderanno con “Funeralus”, precisi, come nell’album.
“Non c’è nessuno…” dice il tassista.
“Arriveranno”, gli dico, sapendo già che si viaggiava sulle 2000 presenze confermate.
Al Velvet non c’ero mai stata, mi mancava, lo ammetto. Mi sono fermata un po’ a guardarlo da fuori, un capannone quasi anonimo, almeno lì dove si era fermato il taxi.

Ancora poca gente all’entrata in effetti, quindi di veloce passo e mi avvio lungo il corridoio con le luci fosforescenti verdi sul soffitto, che mi danno un flash delizioso. Poi la discesa, controllo ogni lato del mio percorso, guardo a destra e a sinistra, individuo il palco e raggiungo il bar, quello più vuoto.

Prima birra.
L’ultimo pezzo on air prima dei Jennifer Gentle è “Il tuo bacio è come un rock” di Adriano Celentano. Rido da sola, geniale.

La gente piano piano aumenta. Età media 30 anni. Raggiungo un posto più o meno alto, per guardare il mare di persone che si ingrossa e soprattutto per non esserci in mezzo. Sono sola, in terra straniera, devo ammetterlo, il set dei JG è offuscato da una vaga sensazione di disagio.
La verità è che non sono lì per loro, quindi inizio anche un po’ ad annoiarmi. Non per colpa dei Jennifer Gentle, però, sia chiaro.

Il cambio palco, finalmente.

Alle mie spalle, dalla mia piccola e cieca ma comoda postazione di vedetta, vedo che la gente s’è moltiplicata tipo gremlins con l’acqua. Fa quasi paura. A Roma ho avuto intorno anche più gente intendiamoci, ma vederla così dall’alto è stato paurosamente entusiasmante.
Pregavo solo che intorno a me, essendo un posto vagamente più vuoto, non iniziassero a parlottare come al solito fanno a Roma, parlando tra l’altro per lo più di calcio.

Sotto di me un tifo da stadio semmai. Che meraviglia!
Come previsto parte, o prova a partire, il primo brano di Endkadenz.
Poi esplode. Tutto. Si pesca a piene mani dagli ultimi tre album, solamente. Cantatissimo Requiem, cantato WOW, un po’ e un po’ Endkadenz, certo, è ancora una questione di liriche.

Poi però la tragedia.
No, non è vero, sto esagerando, ma…ai primi secondi di “Inno del perdersi”, non ci vedo più dal fastidio e “imbruttisco”, come dicono a Roma, verso un gruppo dietro di me, che non fa altro che urlare, ma proprio urlare “Verdenaaaaaa! L’ultimo album fa schifooooo!!!” e già da tre-quattro canzoni prima. Li riprendo, ferma, intimandogli silenzio per rispetto di tutti. Ma con gentilezza alla fine, e li sconfiggo. Chiedono anche scusa: non ci credo, a Roma mi avrebbero mandata a fanculo più presuntuosi che mai e avrebbero continuato a fare peggio. Almeno nell’80% dei casi eventuali.
(Non offenderti pubblico romano, ma fatti una domanda e datti una risposta)

Poi in realtà, alcuni tra loro peggiorano la situazione dicendomi, tra un brano e l’altro che anche WOW fa schifo. Faccio spallucce, non sono una testimone d(e)i Verdena, cazzi loro, poverini.
Salvo prenderli per il culo quando, dopo aver urlato in coro “Scegli me”, si sono beccati il mio “Siete poco credibili come snob“. Risate. Seconda birra e “Razzi arpia inferno e fiamme” mi lascia un po’ scossa.

Quando si è spento il palco, prima del bis, gentilissimo, qualcuno mi ha chiesto se volessi bere: “Grazie, ma preferirei un the ora”.
“Ok, dopo il concerto”.

Inizio a ricordare pare.

E ricordo perfettamente di aver perso tutti appena i bergamaschi hanno attaccato con “Luna”. Gli altri tutti, ma proprio tutti, ma pure quelli ancora in macchina che dovevano arrivare al Velvet solo per ballare…hanno cantato in coro. TUTTI.
Penso tra le cose più belle che abbia mai sentito addosso.
Tipo momento in cui la musica acquista peso nelle onde e ti sfonda il petto. Ero lì, col petto squarciato.

Per non parlare di “Ovunque”,  un brano vecchio (“finalmente per gli altri“, mi son detta), e di “Don Callisto”. Tre veri e propri anthem, almeno per quel pubblico lì.

E’ arrivato “Funeralus”, la fine.
Guadagno metri verso una missione che dovevo compiere per conto di, da Roma. Saluto gli unici due individui sparuti che conoscevo già e incontro, così, alla fine, avviandomi verso l’uscita.

Corro fuori, verso il taxi. E sto per entrarci, quando:
“Hai sempre voglia di the?”
Rido forte. Ok, il the.
Fàmose ‘sto the.

Ora ricordo, ricordo tutto.
Ora che sono sul treno, e sono al quinto caffè.

Resurrection 2 mode on. Welcome back Eli.
Grazie Verdena.

 

28 febbraio 2015

Elisabetta De Ruvo