FATHER JOHN MISTY; “I Love You, Honeybear” (Bella Union, 2015)

Fjm-iloveyouhoneybearPare che il pubblico del “Late Show with David Letterman” sia rimasto un tantino spiazzato durante l’esecuzione dal vivo dello scorso novembre di “Bored in The USA”, il singolo di lancio dell’ultimo album di Josh Tillman (aka Father John Misty). A disorientare i presenti sono state le risate e gli applausi registrati che accompagnano i versi più amari e ironici del brano, un bizzarro imprevisto che serve in parte a individuare la nuova cifra artistica di questo atipico cantautore.
Mentre Josh Tilman, con i suoi sette dischi da solista, ha fatto poco per distaccarsi dal cliché dell’artista folk (nel senso più classico e noioso del termine), il suo alter-ego Father John Misty ha intrapreso un percorso musicale estremamente personale e autentico.

“I Love You Honeybear” arriva a tre anni di distanza dal già ottimo “No Fun” e segna un definitivo punto di svolta per il musicista statunitense grazie all’altissimo livello raggiunto dalla sua scrittura.
Quello di Father John Misty è un raffinato pop esistenzialista che sfiora spesso toni epici, smorzati però da un’enorme dose di cinica ironia. Canzoni d’amore dalle tinte dark, in definitiva. Ma il sarcasmo che ha fatto della sua esibizione al “Late Show” già un piccolo classico è in realtà solo uno dei sentimenti ricorrenti di un album che ne esprime molteplici, quasi sempre divertenti e politicamente scorretti.
Musicalmente “I Love You Honey Bear” si permette di vagare tra diverse identità pop, con una varietà stilistica che raccoglie praticamente ogni aspetto della tradizione americana, andando a comporre un melting pot di straordinaria brillantezza. La ricca strumentazione (steel guitar, fiati, ottoni, piano, organo etc.) e gli eleganti arrangiamenti (si sente la mano di John Wilson alla produzione) si sposano alla perfezione con la calda voce di Tilman, che alterna con disinvoltura tonalità da a tenore e da baritono.
Davvero arduo, poi, parlare dei singoli brani, quando gli undici pezzi della tracklist si mantengono su uno standard qualitativo così elevato. Se proprio dobbiamo scegliere, una menzione d’onore spetta alla già citata “Bored in The Usa”, inno generazionale di tutti i disillusi thirty-something americani, e la trascinante cavalcata “The Ideal Husband”, il pezzo più rock del lotto. Chi ha un debole per sound più classico impazzirà per “Strange Encounters”, vigorosa ballata á la Elton John dei tempi che furono, mentre chi predilige atmosfere più leggere e californiane andrà di repeat su “The Night Josh Tillman Came to our Apartment”.

Dal punto di vista delle liriche c’è poco da dire, se non che i testi di “I Love You Honeybear” sono quanto di più graffiante, profano e sincero si possa ascoltare da un bel po’ di tempo a questa parte.
Un plauso a Josh Tilman quindi, capace di dare vita ad un album potente e vitale, da custodire gelosamente nella propria collezione di dischi.

85/100

Stefano Solaro