SICK TAMBURO, “Senza Vergogna” (La Tempesta, 2014)

sicktamburo2I Sick Tamburo sono arrivati al terzo disco. Il progetto nato quasi per caso da una costola degli indimenticati Prozac+ (“indimenticati” per chi nel pieno degli anni ’90 era monello o quasi-monello o monello-dentro) ha appena superato la soglia critica dell’album d’esordio e del secondo disco: esce ora “Senza Vergogna”, che già dal titolo sembra far intuire che da qui in poi si dovrebbe smettere di prenderli un po’ troppo alla leggera.

Forse per contrasto rispetto a come i Sick Tamburo suonavano nei primi dischi, e comunque sicuramente riuscito, è il tentativo di rendere le canzoni più ascoltabili: rimangono ovviamente le durezze nei suoni, e ci mancherebbe, ma si sente di fondo una maggiore ricerca e attenzione nella melodia. Se infatti in “Quando bevo” e in “Pensiero” si riconosce immediatamente l’impronta punk-rock originaria della band friulana, sono pezzi come “L’uomo magro”, “Il fiore per te” a sorprendere di più, con il loro inedito pop-rock.
Magari i fan duri e puri, quelli a cui piaceva parecchio il suono appuntito e casinista degli esordi, storceranno un po’ il naso, ma non si può dire ai Sick Tamburo di aver lavorato male: le canzoni, tutte, funzionano. Forse sono proprio quelle che stanno a metà tra le due attitudini a funzionare di più: “Qualche volta anche io sorrido” e “Niente di dipinge di blue” filano bene, viene voglia di riascoltarle quando finiscono, hanno tutto quello che serve per diventare i pezzi forti della band friulana.

Ma è nei testi che i Sick Tamburo convincono del tutto. Molto più di prima le cose da dire odorano di vita vera, casini, manie e ossessioni. Di fondo rimane una certa adolescenzialità espressiva, ma non disturba, anzi serve ad identificare meglio i protagonisti delle storie raccontate nel disco: cose come “se muori tu, io come farò?”, “ho bisogno di parlarti della paura di parlarti” o “ti amo solo quando sono solo” potrebbero suonare banali, e invece sono solo (solo?) sincere.

E non importa tanto l’anacronismo tra l’età anagrafica del cantante Gian Maria Accusani e quello dice quando canta: a lui, come a gran parte degli artisti della Tempesta, bisogna attestare senza se e senza ma la cura tenace nel dare un orientamento e una colonna sonora all’adolescenza.
Nel panorama musicale italiano a disposizione dei sedicenni+, spesso così ripetitivo, stupido e mediocre, realizzare che c’è chi presta ancora attenzione ai ragazzi e a cosa frulla dentro alle loro testoline è di sicuro una buona notizia. E con “Senza Vergogna” i Sick Tamburo hanno dimostrato di avere cose da dire, e forse anche da insegnare.

71/100

Enrico Stradi