Torna l’epoca dei capelloni

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“Ma chi vi credete che noi siam, per i capelli che portiam”

Epoca di capelloni, i Sixties, riassunti in questa frase dell’indimenticato Augusto. Ma non è sempre andata così, anzi. Direi che il trend dominante del capello lungo/corto nella musica rock è sempre stato a fasi alterne, che andremo a tratteggiare (se ci riusciamo). Ma che in questo attuale momento storico ci fa dire: finalmente sono tornati i capelloni.

Ebbene sì, l’attuale revival garage-psichedelico del 2013 ha riportato in auge il capellone come categoria trendy, decisamente giusta, e ci riferiamo in particolare a due cavalli di razza di quest’anno: Kurt Vile e Mikal Cronin. Entrambi esponenti di una fiera capigliatura degna dei metallari Anni Ottanta, epoca quest’ultima che, a parte appunto gli hard-rockers, ricercava invece un’estetica certamente più curata. Ma andiamo per gradi.

All’inizio furono i fricchettoni degli Anni Sessanta e nulla dobbiamo aggiungere: Jimi Hendrix poteva nascondere sulla testa nidi di rondini, Robert Plant aveva il classico “lungo mosso” che si scontrava con il “lungo liscio”, un po’ stopposo, del “rivale” Ian Gillan, ma qui siamo già a disquisire sui quei cattivoni che suonavano hard-rock. Beatles e Rolling Stones hanno sempre preferito, tendenzialmente, le classiche tosate inglesi a caschetto che infondevano aria da bravi ragazzi: era la faccia che vendeva del (pop)rock, quella che tolto il gel di Elvis poteva essere veicolata anche televisivamente. Certo è che lo stesso look è stato ripreso com’è noto agli inizi dei ’90 nell’ondata di brit-pop, a dimostrazione che – constatazione ovvia – c’è una regola che lega la tendenza al pop al capello corto. Ci si sta trastullando tra banalità e generalizzazioni, lo so, ma quello che solletica il mio pensiero è che nello scorso decennio – quello 2000/2010 – l’indie inteso in senso lato ci ha mostrato un look pulito dei suoi protagonisti più rappresentativi: gli Wilco erano un po’ delle educande che sembravano usciti da un saloon del West (o dagli scout), i Radiohead hanno sempre optato per il corto/mezza misura, persino gli Strokes o gli Arctic Monkeys – che erano più incazzosi e per questo avrebbero dovuto mostrare con più facilità una lunga crine – preferivano acconciature medie, comunque più rassicuranti.

mikal cronin

Ebbene, basta, dimenticatevi questo periodo in cui anche l’indie era, in fondo, più garbato in quanto certamente sghembo e sperimentale ma in ogni caso poco cattivo. Ora sono tornati loro, i capelloni, e sembra di essere ripiombati agli inizi degli Anni Novanta, a Seattle o giù di lì, quando tutti (Cobain, Vedder, Cornell, Staley) avevano lunghezze da invidia. Che poi bisogna stare attenti, in questi casi, al taglio dei capelli, succede che si finisce come Sansone: basti pensare a com’è finito Chris Cornell

Comunque, andando avanti: il revival dei capelloni era stato un po’ preannunciato – nel 2008 – dai Fleet Foxes, ma qui direi che le “volpi” veicolavano piuttosto il ritorno delle barbe, trend attualmente in discesa (come la moda del baffo, vista ovunque fino all’anno scorso, decisamente out oggi, pensiamo).

Che poi anche Thom Yorke si è fatto crescere una (brutta) coda di cavallo in questi inizi di anni ’10, per cui tutto torna.

Pensiero finale: oltre alla mia personale invidia per non potermi permettere tali chiome, devo dire che sono piuttosto rassicurato da questi bonaccioni che fanno i cattivi con un vezzo desueto che invece finisce per essere “adatto ai tempi”. Mi sono simpatici perché mi ricordano i metallari Anni Ottanta (Hetfield, Mustaine, ecc. ecc.) che volevano sembrare aggressivi mentre in realtà – secondo me – se gli pestavi un piede, ti chiedevano scusa loro.

E che però quando suonavano spaccavano il culo. Come oggi fanno Vile, Cronin e Kevin Parker, e ci sarà un motivo.

(Paolo Bardelli)

16 ottobre 2013