EDITORS, “The Weight Of Your Love” (Pias, 2013)

weightofyourloveL’amore gli Editors non l’hanno mai cantato banalmente. Sempre imprescindibile nelle loro parole un nichilismo di pregiata fattura, un annientamento totale di sé quasi ricercato, quasi agognato. Però determinato, spesso arrabbiato. E poi cantato con un asetticismo tale da lasciare intravedere un’inquietudine danzante e sempre in movimento. Un amore a suo modo totale, che riflette la propria incapacità di elevarsi verso la persona amata poiché è l’amore verso di sé ad annegare di giorno in giorno in un oceano di sofferenza talvolta ingiustificata e di male di vivere autolesionista. Perciò non deve preoccupare il fatto che “The Weight Of Your Love” sia un disco dedicato interamente all’amore, come da titolo, d’altronde.

Certo, il singolo di lancio “A Ton Of Love” ci aveva fatto preoccupare non poco: la voce di Tom Smith plasmata ad uso e costume di sonorità troppo vicine all’easy listening degli ultimi U2, ma anche la forma-canzone, con quel ripetuto – e petulante – “desire” lasciavano presagire il peggio. E invece i ragazzi di Birmingham, orfani però del chitarrista Chris Urbanowicz che ha abbandonato la band nel 2012 proprio a causa di divergenze musicali, tirano fuori dal cappello l’ennesima sorpresa: questa volta si tratta di un album puramente melodico, forgiato su un enorme e palpabile sforzo comunicativo, in ogni singolo pezzo dell’album. In cui nulla è lasciato a caso, in cui tutto è levigato sulla scia di un perfezionismo che va a cozzare con la chiusura baritonale dei primi dischi degli Editors, ma anche con la prima virata di stile, avvenuta nel 2009 con “In This Light And On This Evening”.

La voce di Tom Smith cerca qui nuovi approdi in tutte le direzioni, come se il suo già bellissimo e particolare colore di voce non gli bastasse più per catturare tutte le emozioni, come se quel timbro introverso avesse avvertito la necessità di aprirsi per cogliere tutte le sfumature della propria intensità emotiva. E questi approdi li trova, talvolta in modo convincente, altre volte un po’ meno. Per esempio, in “What Is Calling Love” sfoggia un inusuale e inedito falsetto, sdraiato su un tappeto musicale romanticissimo con tanto di violini, mettendo momentaneamente da parte l’influenza del suo mentore Ian Curtis per volgersi verso un’americanizzazione forse un po’ troppo melensa, ma dotata comunque di personalità. I fans di vecchia data però non dovrebbero preoccuparsi, dal momento che il mood oscuro di derivazione post-punk sembra coinvolgere ancora tanto gli Editors: la sensualità scivolosa di “Sugar”, tra i migliori pezzi del lotto, richiama alla mente l’algida espressività dei Depeche Mode, mentre “Two Hearted Spider” sembra venir fuori direttamente dai multiversi di “Donnie Darko”. D’altro canto, lo stile jingle-jangle della malinconica “The Phone Book” risulta di chiara influenza smithsiana.

Eppure, nonostante l’indiscutibile bravura che li porta a non sbagliare un colpo neanche quando si fanno abbagliare dalla dolcezza delle melodie, c’è ancora qualcosa che latita nella carriera degli Editors, che non li porta ad elevarsi totalmente. Un disco culto. Anche se con “The Weight Of Your Love” ci si va incredibilmente vicino.
Che il prossimo passo della band non sia proprio quello di conciliare questa nuova svolta melodica con la ritrosia di “The Back Room” e “And End Has A Start” e il gusto per il sound sintetico di “In This Light And On This Evening”?
Per adesso non ci rimane altro che godere del magistrale dark pop di “The Weight Of Your Love”, in attesa della prossima mossa di Tom Smith e soci.

75/100

(Raising Girl)

1 luglio 2013