BAT FOR LASHES, “The Haunted Man” (Capitol / Parlophone, 2012)

A noi piace la maturità.
Qui su Kalporz, come notavamo in un vecchio speciale sul rock dal punto di vista dell’età adulta, riteniamo di doverci tenere alla larga da quella tendenza, così presente nel discorso musicale contemporaneo, che vede come suo fine ultimo la scoperta della classica next big thing. Non che la ricerca e l’emersione dal sottobosco dell’attualità più stringente non ci interessi, e su questo abbiamo le nostre medaglie appuntate al petto, ma siamo consci di come si tratti di un lavoro difficile, e che la ricerca dell’hype a tutti i costi finisca spesso per stemperarsi alla prova sulla lunga distanza (tra i più recenti, il “fenomeno” Alt-J).

Da questo punto di vista la figura ed il personaggio creato attorno alla Natasha Khan degli esordi risultava per noi quanto mai aliena: creazione tipicamente contemporanea, Bat For Lashes tendeva a presentarsi come progetto di indubbia e indubitabile qualità, all’interno però della classica confezione “bambolina indie” nella versione più dark. Ma se il secondo album, “Two Suns”, cercava di smarcarsi da questa immagine un po’ trita, investendo su un misticismo extramusicale degno dei Led Zeppelin del IV album, e alla prova dell’ascolto virando verso una compatta sobrietà cantautorale, oggi con “The Haunted Man” Natasha compie probabilmente un passo decisivo nella direzione della maturità, sfiorando a tratti il capolavoro.

A partire dalla iniziale “Lilies” l’album si orienta verso lo strumento della ballata, che esalta le doti vocali e compositive della Khan, attutendo la magniloquenza talvolta presente in “Two Suns”, senza però pagare quanto a forza emotiva. È questo il tratto più evidente che emerge in “Laura”, pezzo nel quale si manifesta con più forza la già menzionata maturità autoriale e compostezza vocale di Bat For Lashes. Per quanto dominante non è però certo questo l’unico registro presente in “The Haunted Man”, che, pur nella decisiva compattezza che lo caratterizza, introduce tratti di gospel (“Oh Yeah”), riprende tendenze classiche di quella che può ormai essere definita la Khan “giovane” come in “All Your Gold”, e propone momenti di alta intensità emotiva come in “Marylin”.

Potenza e ordine, variazione e rigore, il terzo album di Bat For Lashes riesce a tenere insieme tutti questi elementi in modo non contraddittorio. L’armonia trovata, ed in effetti la qualità che qui si innesta su una forma già in larga parte individuata nei precedenti episodi, e già molto personale, testimoniano di qualcosa come una sorta di maturità raggiunta. E della possibilità di produrre un percorso vario e mosso in questi anni, ma caratterizzato da uno specifico rigore.

79/100

(Francesco Marchesi)

3 dicembre 2012

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