AA.VV., 5: Five Years Of Hyperdub (Hyperdub, 2009)

C’era un tempo in cui le etichette facevano il punto della situazione rilasciando compilation che avevano la capacità di stampare nell’immaginario collettivo il marchio dei fabbrica della label stessa. La Hyperdub di Steve Goodman (aka Kode9), scozzese di base a Londra, è stata senza dubbio protagonista, nel corso dell’ultimo lustro, di un’ondata di innovazione nella musica elettronica inglese.
Divisa in due cd “5: Five Years Of Hyperdub” mette in fila trentadue tracce tra ottimi inediti, rarità e “classici” del giovanissimo archivio della label. Un viaggio, quello della Hyperdub, attraverso il composito panorama di contributi, influenze e tradizioni che compongono il macro formato “dubstep”. Grime, dub, garage inglese, wonky beats, two-step, ma sempre l’anima di un suono che grida dai bassifondi, che geme, soffre e si manifesta attraverso il pulsare di battute agonizzanti. Ci sono stelle del genere e non solo, Burial, Kode 9, The Bug, Cooly G, Flying Lotus, solo per citare alcuni dei presenti e c’è tutta l’essenza del più solido movimento sonoro underground che abbia conosciuto la Gran Bretagna negli ultimi anni.

Un’opera che, nella propria forma, richiama nostalgicamente i tempi in cui il prodotto disco viveva anche di un proprio valore materiale come oggetto che, nel caso della compilation, poteva assurgere al ruolo di guida antologica, manifesto artistico ed attestato di coerenza delle produzioni di un’etichetta. “5: Five Years Of Hyperdub” può essere presa così, “consumata”, conservata e custodita per quello che è: un volume prezioso nella propria collezione di dischi, quello che tra qualche anno rappresenterà, perlomeno per gli adepti, un classico imprescindibile.

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