“L’Uomo Che Fissa Le Capre” e i Boston

Forse definire “L’Uomo Che Fissa Le Capre” come il grande Lebowski di questa decade è eccessivo, però un tale parallelo segnala quantomeno le affinità amene tra le due opere e soprattutto la comunanza di approccio alla vita, più o meno pacificista, che emerge tra le pieghe dei due film. Perché è sempre meglio essere pacifisti, ovviamente per quanto la vita ci permetta di esserlo.

“The Men Who Stare at Goats” è un film tra l’altro molto obamiano, perché probabilmente solo in questo periodo di nuovo corso del Presidente nero americano poteva trovare spazio sul grande schermo il racconto del libro del reporter Jon Ronson, dove si mischia la constatazione dell’inutilità della guerra con l’imperativo categorico di farla nel modo meno cruento possibile. In questo senso uno dei dialoghi certamente più importanti della pellicola è tra Clooney e un iracheno, quando si chiedono scusa vicendevolmente nella casa di quest’ultimo, in un modo un po’ impacciato ma sincero che nel significato sembra andare oltre alle vicende dei due personaggi, interessando metaforicamente piuttosto gli stessi due popoli, quello americano e quello iracheno.

Ma siccome Kalporz è una webzine musicale, la motivazione di questa Caspiterina! va oltre ai motivi squisitamente cinematografici del film, perché la cosa che ha colpito il sottoscritto è anche la reprise così marcatamente importante di “More Than A Feeling” dei Boston, un pezzo che il tempo e le troppe volte che lo si è ascoltato hanno fatto sì di averlo relegato in quel limbo delle hit quasi insopportabili.

Invece, e forse parlo così perché i primi due dischi dei Boston sono stati davvero tra le prime cassettine che mi siano capitate tra le mani quando avevo nove anni, “More Than A Feeling” è perfetta proprio per rappresentare un’ansia latamente pacifista, perché racconta della condizione di abbandono passivo e senza difese alla musica, una battaglia in cui si parte senza difese perché quella “familiar song” di cui si parla nel testo della canzone è in grado di scatenare anche dei vissuti negativi, ma allo stesso tempo è anche capace di nasconderci come in una cuccia assieme a tutto quello che noi vogliamo metterci dentro.

La scena dunque nel film in cui le future spie psichiche si descrivono come bambini che nell’infanzia erano più sensibili degli altri perché “ascoltavamo i Boston” (e parte immediatamente “More Than A Feeling”) mi ha strappato un sorriso: è davvero più di un sentimento quello che racchiude quella “familiar song” per chi l’ha ascoltata da fanciullo.

(Paolo Bardelli)