SOUNDGARDEN, Louder Than Love (SOUNDGARDEN, 1989)

Si presentano al grande pubblico sbeffeggiando nel titolo gli intoccabili. Se non è una dimostrazione di carattere questa… Dato il risultato possono permettersi questo e anche un altro po’ di scherzi disseminati nel disco, come la sublimazione del ridicolo machismo metallaro nel singolo “Big Dumb Sex” o la sciatteria melodica di “Full On (Reprise)” proprio nel finale. Ancora uno scherzo posto negli ultimi giri del vinile, un’analogia con un’altra band che rimodellerà la creta della musica pesante di lì a poco, i Kyuss. Ma nell’ ’89 i Soundarden erano sostanzialmente isolati e diversi da quasi tutte le altre esperienze coeve del nuovo rock statunitense.

L’uno-due iniziale è di quelli memorabili, due colonne d’Ercole massicce. “Ugly Truth” è il bilanciamento salomonico delle due anime principali della band, l’hard rock stentoreo e la wave più dark, “Hands All Over” ci unisce un riff fenomenale e inebrianti profumi orientali. “Gun” invece è una processione sabbathiana che stranamente cresce fino ad una coda hardcore con i Bad Brains quale asintoto. Fermandoci un secondo, piace pensare che l’ombra di un capolavoro oscuro dei ’70 giapponesi, “Satori” della Flower Travellin’ Band, sia evocata consapevolmente in questi tre brani.

“Power Trip” e “Get On The Snake” sono un’altra accoppiata monolitica, spostata questa volta su coordinate profondamente blues, mentre “Full On Kevin’s Mom” è una rincorsa affannata di sfuriate punk e divagazioni divertite simil jazz-blues.
É “Loud Love” ad affondare decisamente il colpo in favore dei Garden, grazie ad un riff arcigno ed al suono messo in piedi dal produttore metallaro Terry Date, in futuro al lavoro con Pantera e Deftones. Il brano è un’epopea convincente e potentissima, Cornell uno sciamano barbaramente determinato (“I’ll hammer on until you fight”) nella sua affermazione testosteronica che verrà fortunatamente neutralizzata dalla successiva ironia della ruffiana “Big Dumb Sex”.

In mezzo ci sono “I Awake” e “No Wrong No Right”, entrambe musicate da uno Yamamoto pronto all’abbandono. Sono il nocciolo oscuro dell’album, il suo vero cuore di una tenebra impenetrabile, sia dal punto di vista lirico che per quanto riguarda il suono delle chitarre, mai così metal fino a questo punto. C’è poi ancora posto per l’andamento barcollante e psichedelico di “Uncovered”, stranamente serena se rapportata al resto dell’album.

Tutto l’album gode di una omogeneità sorprendente grazie al controllo saldamente in mano di ogni dinamica, in grado di toccare i più svariati riferimenti grazie alla coesione messa in piedi da quattro musicisti fortemente affiatati e capaci.
Forti di queste virtù, non stupisce quindi che i Soundgarden vogliano includere nel loro primo capolavoro, un album studiato per esplodere tra il pubblico indie e metal, la provocazione anti-censoria di ripetere la parola fuck fino allo sfinimento, col compiacimento sfrontato di essersi guadagnati il bollino Parental Advisory come una medaglia al valore e nella maniera più semplice e gratuita possibile.

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